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Modica (Muòrica in siciliano) è un comune italiano di 53 372 abitanti del libero consorzio comunale di Ragusa, in Sicilia.

Città di origini neolitiche, fino al XIX secolo è stata capitale di una contea che ha esercitato una vasta influenza politica, economica e culturale. Il suo centro storico, ricostruito a seguito del devastante terremoto del 1693, costituisce uno degli esempi più significativi di architettura tardo barocca.

Per i suoi capolavori la città è stata inclusa nel 2002, insieme ad alcuni centri del Val di Noto, nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

È nota anche per la preparazione del tipico cioccolato.

Geografia fisica

Territorio

Mòdica, il cui nome originerebbe dal fenicio Mùtika (albergo, dimora: chiara l'analogia con la fenicia Utica, città dove si diede la morte Catone Uticense) o dal siculo Mùrika (roccia nuda, non coltivabile), chiamata in seguito Μότουκα dai greci, è situata 15 km a sud del capoluogo di provincia, ed il suo territorio urbano si sviluppa su un esteso altopiano solcato da profondi canyon (detti localmente "cave"). La città sorge sulla confluenza di due fiumi a carattere torrentizio che dividono l'altopiano in quattro colline: Pizzo a nord, Idria ad ovest, Giacanta ad est e Monserrato a sud.
I due fiumi, Pozzo dei Pruni e Janni Mauro (ormai asciutti e coperti nel tratto urbano), si uniscono a formare il Modicano, il cui alveo è stato coperto nei primi del Novecento divenendo l'odierno Corso Umberto I, asse principale della città. Il Modicano aveva dignità di fiume perenne, fino ai primi decenni del Novecento, in quanto alimentato da sorgenti permanenti, fra cui la più cospicua quella della Fontana Grande, la quale con le sue acque permetteva che fra il Cinquecento e l'Ottocento, lungo le rive del Μότουκανυς ποταμός, come lo chiamò il geografo greco Tolomeo nel II secolo dopo Cristo, sorgessero nel tratto modicano del fiume ben 23 mulini ad acqua. In seguito sorsero i mulini industriali, e l'acqua delle sorgenti fu incanalata nella rete idrica cittadina. Dal Settecento alla fine dell'Ottocento, la presenza lungo gli argini dei torrenti di 17 ponti, che consentivano il transito di uomini, animali e carri da un lato all'altro, fece sì che in una delle prime edizioni, quella del 1934, dell'Enciclopedia Treccani, Modica fosse definita «la città più singolare d’Italia, dopo Venezia», riportando l'impressione che la città aveva suscitato all'abate Paolo Balsamo da Palermo, nel 1808. Il nucleo urbanistico più antico è situato sulla collina (il cui promontorio è sormontato dai resti del Castello medievale) che separa i due torrenti, e sui versanti da essi creati. Il Comune di Modica gode di un vastissimo territorio comunale sviluppato in senso longitudinale, che partendo dalle pendici dei Monti Iblei, con un'altezza sul livello del mare compresa fra i 500 e i 550 metri, nei pressi dei comuni montani di Giarratana, Monterosso Almo e Palazzolo Acreide, degrada lentamente fino alla costa che si affaccia sul Canale di Sicilia, con le sue due frazioni marinare di Maganuco e Marina di Modica. Il punto più alto del centro urbano, con i suoi 449 m s.l.m., corrisponde al campanile della chiesa di San Giovanni Evangelista a Modica Alta, mentre la sede comunale, a Modica Bassa, si trova a 296 m. di altezza sul livello del mare. Comprende anche un'isola amministrativa, acquisita nel 1950 da Noto insieme a tutti gli altri territori di quest'ultimo comune che si trovavano alla destra del fiume Tellaro (tranne la contrada San Giacomo, che fu aggregata a Ragusa).

Clima

Il territorio comunale si divide in due zone climatiche ovvero la meridionale, o costiera, e la settentrionale, o montuoso-collinare. Il clima a Modica è mite e la neve rappresenta un evento raro nella parte bassa della città, ma più frequente nella parte alta e sull'altopiano, dove ogni anno può verificarsi un evento nevoso anche senza accumulo; alcune nevicate storiche e più consistenti risalgono al 1895 (febbraio), 1905, 1909, 1929, 1956 (febbraio), 1979, 1985 (febbraio), 1998 e 2005 (26 gennaio). Intensissima e della durata di molte ore è stata la nevicata che ha ricoperto di una coltre di oltre 30 cm di neve l'intera città, nella nottata di Capodanno 2015, dall'una alle sei del mattino circa. Frequente è nella zona montuosa la formazione di brina e di gelo, mentre è rara la formazione di banchi di nebbia notturni nell'altopiano. La temperatura media annua è di circa 17 °C nella parte bassa) e 16 °C nella parte alta, con una media a gennaio di 9 °C nella parte bassa ed 8 °C nella parte alta (con temperature solitamente inferiori ai 4 °C durante la notte), e una media a luglio di 26 gradi. L'estate è calda ma asciutta e ventilata, soprattutto nelle parti più alte della città (oltre i 440 m). L'inverno è fresco e piovoso, con una pluviometria media annuale di circa 650 mm concentrati nel periodo autunno-inverno ed anche in parte della primavera.

Elementi caratteristici

Modica, come altri centri storici del Val di Noto, deve la sua particolare configurazione urbana alla non comune conformazione del territorio combinata ai vari fenomeni di antropizzazione. Molte abitazioni della parte vecchia della città, addossate le une sulle altre, sono spesso l'estensione delle antiche grotte, abitate fin dall'epoca preistorica. Sono state censite circa 700 grotte che una volta erano abitate, o comunque adibite a qualche uso, fra quelle visibili e quelle "inglobate" in nuove costruzioni. Di notevole rilevanza storica è l'ottimo stato di conservazione, in pieno centro storico, della necropoli del Quartiriccio, al quartiere Vignazza, con alcune decine di tombe a forno scavate nella roccia, risalenti al 2200 a.C.

Il tessuto urbano, adagiato sui fianchi delle due vallate e sui pianori delle colline sovrastanti, è un intrigo di casette, viuzze e lunghe scale, che non possono non ricordare l'impianto medievale del centro storico, tutto avviluppato intorno allo sperone della collina del Pizzo, sul quale poggiava inaccessibile il Castello. «Modica è un’inaspettata meraviglia… È un effetto bizzarro, unico, qualcosa di addirittura irreale come visto nel prisma deformante del sogno, come un immenso fantasmagorico edifizio di fiaba, il quale, anziché di piani, fosse fatto di strati di case. Da questo accastellarsi, svettano campanili e campanili»: con queste parole il poeta e scrittore veronese Lionello Fiumi descriveva il suo stupore nel raccontare sulle pagine di un quotidiano il suo viaggio a Modica negli anni sessanta del Novecento. Le chiese solitamente non si affacciano su piazze, ma su scenografiche scalinate modellate sui declivi delle colline.

Lo stile prevalente dei monumenti è quello comunemente identificato come tardo barocco, ma più specificatamente, per quel che riguarda Modica, dobbiamo parlare del Barocco siciliano della Sicilia sud orientale, quello successivo al catastrofico terremoto del Val di Noto del 1693. L'aspetto molto caratteristico del centro storico è stato turbato da alcuni scempi edilizi succedutisi dagli anni sessanta agli anni Ottanta ad opera di alcuni imprenditori edilizi poco coscienziosi, con il permesso di una classe politica non sempre all'altezza del proprio ruolo.

Altro elemento caratterizzante il territorio, in particolare la campagna, è la fitta rete di "muri a secco" che delimita gli appezzamenti di terreno, trapunti di maestosi alberi di carrubo, molto frequenti in tutto il territorio provinciale (maggior produttore italiano del suo frutto). La ragione della fitta maglia di muri a secco va ricercata nella precoce formazione di una classe di piccoli proprietari terrieri, che dalla prima metà del Cinquecento frazionarono un immenso feudo, la Contea di Modica, corrispondente grosso modo al territorio dell'odierna Provincia di Ragusa, delimitando le nuove proprietà con tali recinti.

Come retaggio ed eredità di una bizzarria storica, che ha privato Modica della sua secolare centralità politica, amministrativa e culturale, la città conserva una sua autonomia comprensoriale. Per esempio, quando nel 1955 fu istituita la Diocesi di Ragusa, la città di Modica, insieme alle limitrofe Scicli, Pozzallo e Ispica, rimase a far parte della Diocesi di Noto, a cui appartiene dal 1844. Inoltre la città ha mantenuto fino al 2015 il suo storico Tribunale, che risaleva al 1361. Le Istituzioni e le strutture scolastiche, sanitarie e giudiziarie, pertanto, continuano ad essere un punto di riferimento per le popolazioni della parte orientale della provincia iblea, oltreché dell'intero distretto geografico sud orientale dell'Isola.

Origini del nome

Il sito di Modica, che i Greci chiamarono Μότουκα, e i Romani Mothyca, poi Motyca, Mŭtȳcē (da quest'ultima denominazione deriva il toponimo per gli abitanti usato da Cicerone: Mutycense) e infine Mutica, fu popolato prima dai Sicani, poi per un certo periodo anche dai Fenici, in seguito stabilmente dai Siculi. Secondo quanto si può dedurre dai frammenti di Ellanico e Filisto, riferiti alla discesa dei Siculi dal Lazio, e conseguente occupazione della Sicilia orientale a scapito dei Sicani, la vera e propria fondazione delle città sicule in questa porzione dell'isola si può fare risalire a 80 anni prima della guerra di Troia, quindi verso il 1360 avanti Cristo.

Durante il periodo islamico e fino al XIV-XV secolo, la città veniva citata nei documenti ufficiali col nome di Mohac o Mudiqah.

Anche in siciliano la città è detta Mòdica e i suoi abitanti mudicani ma, nel dialetto locale contraddistinto da rotacismo e dittongazione, la dizione è Muòrica e l'etnico muricani.

Toponimi derivati

Dal nome di Modica deriva quello di Nova Módica, comune brasiliano dello stato del Minas Gerais fondato dal missionario modicano frate Gaspare Zaccaria.

Storia

Simboli

Il gonfalone è un drappo di azzurro.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

Duomo di San Giorgio

Il Duomo di San Giorgio in Modica viene spesso indicato e segnalato come monumento simbolo del Barocco siciliano tipico di questo estremo lembo d'Italia. La chiesa di San Giorgio, inserita nella Lista Mondiale dei Beni dell'Umanità dell'UNESCO, è il risultato finale della ricostruzione sei/settecentesca, avvenuta in seguito ai disastrosi terremoti che colpirono Modica nel 1542, nel 1613 e nel 1693 (il più grave, vedi Terremoto del Val di Noto); lievi danni apportarono i sismi nell'area iblea succedutisi nel corso del Settecento e nel 1848.

L'imponente facciata a torre, che si eleva per un'altezza complessiva di 62 metri, fu costruita a partire dal 1702 e completata, nel coronamento finale e con l'apposizione della croce in ferro sulla guglia, nel 1842[12].

La facciata attuale - dalle sorprendenti analogie con la coeva Katholische Hofkirche di Dresda - fu realizzata modificando, forse anche con parziali demolizioni, quella secentesca preesistente, di cui non abbiamo documenti o disegni ma che aveva resistito alla forza del terremoto. Peraltro mai furono sospese le attività liturgiche nel Duomo, salvo qualche mese dopo il tremendo terremoto del 1693 che ne aveva fatto crollare i tetti, ripristinati i quali già nel 1696, alla visita pastorale del vescovo di Siracusa, la chiesa era nel pieno esercizio delle sue funzioni.

La cupola s'innalza per 36 metri. Una scenografica scalinata di 164 gradini, disegnata per la parte sopra strada dal gesuita Francesco Di Marco nel 1814 e completata nel 1818, conduce ai cinque portali del tempio, che fanno da preludio alle cinque navate interne della chiesa, che ha pianta basilicale a croce latina e tre absidi dopo il transetto. La parte della scalinata sotto il Corso San Giorgio fu progettata nel 1874 dall'architetto Alessandro Cappellani Judica e completata nel 1880. La prospettiva frontale di tutto l'insieme è arricchita da un giardino pensile su più livelli, detto Orto del Piombo, costeggiato dalla scalinata monumentale, e compone una scenografia che ricorda Trinità dei Monti in Roma.

L'interno della chiesa è a cinque navate, con 22 colonne sormontate da capitelli corinzi. Il tempio è dedicato ai martiri san Giorgio e sant'Ippolito, e fra le navate vi si possono ammirare un monumentale organo con 4 tastiere, 80 registri e 3000 canne, perfettamente funzionante, costruito tra il 1885 e il 1888 dal bergamasco Casimiro Allieri; un dipinto di scuola toscana, L'Assunta del tardo-manierista fiorentino Filippo Paladini (1610); una pittura naif su legno, La Natività del pittore milanese Carlo Cane (1615-1688), della seconda metà del Seicento; la tela (1671) del Martirio di Sant'Ippolito del Cicalesius, una statua marmorea di scuola gaginiana, la Madonna della Neve della bottega di Bartolomeo Berrettaro e Giuliano Mancino, del 1511; il polittico dell'altare maggiore, composto da ben 10 tavole, attribuite per molto tempo al messinese Girolamo Alibrandi come opera del 1513. Ma gli storici dell'arte del Novecento e gli studiosi contemporanei hanno attribuito in maniera definitiva l'opera al pittore tardo manierista modicano (per matrimonio) Bernardino Nigro (1538 - 1590), datandola 1573; le pale raffigurano le scene della Sacra Famiglia e della vita di Gesù, dalla Natività fino alla Resurrezione e all'Ascensione, oltre a 2 riquadri con le classiche iconografie dei due santi cavalieri, San Giorgio che sconfigge il Drago, e San Martino che divide il proprio mantello con Gesù, che gli si presenta sotto le vesti di un povero accattone.

Duomo di San Pietro

Un documento del vescovo di Siracusa ne attesta l'esistenza in sito nel 1396, ma la data della sua prima edificazione è da collocarsi dal 1301 al 1350 circa, come attestato dallo storico secentesco Placido Carrafa. Eretta in collegiata con bolla di Clemente VIII del 2 gennaio 1597, due secoli dopo per Decreto Regio di Carlo III di Borbone (1797), ed in seguito a secolare disputa, è stata dichiarata Chiesa Madre al pari di San Giorgio, la chiesa "ufficiale" dei Conti. Fa parte anch'essa della lista dei Monumenti Bene dell'Umanità dell'UNESCO. La Chiesa dispone di una scalinata dove sono collocate le statue dei dodici apostoli.

Chiesa di Santa Maria del Gesù

La chiesa di Santa Maria del Gesù (1478-1481) e l'annesso convento (1478-1520), Monumento Nazionale, resistiti a vari terremoti, appartennero ai Frati Francescani Minori Osservanti. La chiesa conserva uno splendido chiostro a due ordini in stile tardo-gotico, con tante colonnine variamente decorate e ognuna diversa dall'altra. La chiesa fu costruita restaurando un preesistente edificio francescano già presente almeno dal 1343, e grazie alla volontà e alla munificenza della contessa Giovanna Ximenes de Cabrera, al fine di celebrarvi, nel gennaio del 1481, le nozze della propria figlia Anna con Fadrique Enríquez, primo cugino del Re di Spagna Ferdinando il Cattolico.

Chiesa di San Giovanni Evangelista

La chiesa di San Giovanni Evangelista presenta una facciata la cui ultima versione è stata rifatta dopo il 1839, per essere completata fra il 1893 ed il 1901. Il luogo di culto si trova in questo sito dal 1150 (bolla di papa Eugenio III). Un documento del marzo 1217 cita le chiese di San Giovanni e di San Giorgio in Modica come poste sotto la tutela della Chiesa di Mileto, in Calabria.

Palazzo della Cultura e Museo Civico

L'ex Monastero delle Benedettine, (XVI-XIX secolo), poi diventato Palazzo della Cultura, era presente in questo sito già nel 1626, insieme alla chiesa delle Sante Caterina e Scolastica ristrutturata per usi civili nei primi decenni del Novecento. Il Monastero, dedicato a San Benedetto nel 1637, fu requisito dal governo regio nel 1860; ospita nelle sue ampie stanze, a partire dal 2003, il museo civico-archeologico intitolato all'intellettuale modicano Franco Libero Belgiorno (1906-1971). Al piano terra è ubicata dal 1881 la Società Operaia di Mutuo Soccorso, la quale racchiude al suo interno uno dei due atri ed alcune colonne del vecchio monastero. Il Palazzo è stato la sede dello storico Tribunale di Modica dal 2 giugno 1862 fino a settembre 2003, e il salone delle conferenze sino ad alcuni decenni fa era sede della Corte d'assise. Lavori di restauro murario delle stanze della Società Operaia, tendenti a riportare all'antico le superfici interne, hanno riservato una sorpresa: dietro l'intonaco di una camera, che è stato ovviamente asportato, è stato riportato alla luce, dopo più di un secolo, un superbo confessionale in pietra, incassato nella muratura, con tanto di pareti divisorie e grate metalliche.

Chiesa del Carmine

La chiesa di Santa Maria del Carmelo, detta "del Carmine" (fine XIV - inizi XV secolo), è uno dei pochi monumenti che resistette alla violenza del terremoto del 1693. E infatti il prospetto, che aveva in parte superato anche il terremoto del 1542 e quello del 1613, è arricchito da un bel portale risalente alla fine del Trecento, già dichiarato Monumento Nazionale all'inizio del XX secolo, sovrastato da un rosone francescano con dodici raggi, il tutto in stile tardo gotico chiaramontano.