ella Villa di Monza. L'edificio, restaurato, torna a vivere un nuovo brillante periodo e, in questa occasione, assume la denominazione di Villa Reale. Per dare alla città maggiore grandeur, nel 1811 il governo le annesse Lissone, Moncucco con Brugherio, Muggiò, Vedano, Villa San Fiorano e Sant’Alessandro.
Alla caduta del primo Impero (1815) l'Austria ottiene di annettersi i territori italiani del Regno Lombardo-Veneto, ma li governa oppressivamente con propri funzionari: Monza è inclusa nella provincia di Milano.
Per decreto dell'imperatore d'Austria Francesco I nell'anno 1816 Monza diviene ufficialmente una città . Nel 1818 l'arciduca Ranieri, viceré del Regno Lombardo-Veneto, torna ad utilizzare la Villa di Monza.
Il successivo imperatore d'Austria Ferdinando I si fa incoronare re del Lombardo Veneto a Milano con la Corona ferrea (6 settembre 1838) e, con l'occasione, estende vari benefici alla città .
L'artigianato della lavorazione della lana va decadendo mentre diventano sempre più importanti quella del feltro e la collegata industria del cappello.
Durante le cinque giornate di Milano (22-23 marzo 1848) anche Monza insorge cacciando la guarnigione austriaca del reggimento Geppert. I patrioti monzesi, unitisi ai Lecchesi, combattono poi a Milano a porta Tosa (oggi porta Vittoria). Scacciati gli Austriaci, a Monza si forma una "Guardia cittadina" alla quale le donne monzesi regalano il vessillo.
Dopo la prima guerra di indipendenza, al ritorno degli austriaci nel 1849, il generale Radetzky e poi l'arciduca Massimiliano (fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe e poi imperatore del Messico) si insediano nella Villa Reale. La cosa che importava di più era, come al solito, il tesoro della basilica che, prelevato dal Generale Radetzky, era stato portato a Mantova nel 1849 ma restituito nello stesso anno.
Nel 1859, alla fine della seconda guerra di indipendenza, tutta la Lombardia è liberata dagli austriaci ed entra a far parte del Regno di Sardegna. Ma il tesoro e la Corona ferrea, dopo una sosta a Verona, dagli austriaci erano stati trasferiti a Vienna; il tutto ritornerà solennemente a Monza solo alla conclusione della terza guerra di indipendenza, il 6 dicembre 1866. E a Monza la Corona ferrea rimane definitivamente, con due sole eccezioni: nel 1878, quando, a Roma, è posta sul feretro di Vittorio Emanuele II e durante le due guerre mondiali quando è messa al sicuro in Vaticano.
Nel 1861, all'indomani della proclamazione del Regno d'Italia, la città conta circa 25.000 abitanti.
Nel 1868 re Vittorio Emanuele II istituisce l'Ordine della Corona d'Italia nella cui insegna compare la Corona ferrea.
Già da secoli le acque del Lambro fornivano forza motrice all'attività dei numerosi mulini monzesi, di cui un esempio è il Mulino Colombo, e questa opportunità aveva favorito lo sviluppo di un artigianato cittadino. Dalla metà del XIX secolo si assistette alla trasformazione delle tradizionali attività artigianali, tessitura della seta, produzione di cappelli, tessitura del cotone, e, in Brianza, lavorazione del legno e produzione di mobili, in una moderna industria manifatturiera.
In particolare negli ultimi due decenni del secolo la fisionomia di Monza come città industriale si accentuò notevolmente. Avevano raggiunto una significativa importanza il settore tessile (cotonificio Fossati), quello legato alla meccanica (Officine meccaniche Alfredo Zopfi & C.) e all'elettricità (batterie Hensemberger), e soprattutto l'industria del cappello (cappellifici Cambiaghi, Valera e Ricci, Carozzi, Meroni, Paleari e Ferrario).
La produzione di cappelli si era imposta a Monza fin dal XVII secolo, quando era stato strappato a Milano il primato produttivo in virtù dei minori costi e dell'esenzione dai dazi cittadini, e negli ultimi decenni dell'Ottocento si era riconvertita in una fiorente industria manifatturiera di proporzioni europee. L'importanza del settore per Monza fu tale che la città , nota allora come "Città del cappello", tra fine ottocento e inizio novecento divenne il principale centro di produzione di cappelli al mondo, sede della Federazione italiana dei cappellai e, dal 1921 al 1926, anche della Federazione internazionale dei cappellai, il sindacato internazionale dei lavoratori di categoria. L'industria entrò in crisi durante il ventennio fascista e non riuscì più a ricostituirsi nel dopoguerra, se non in piccole realtà .
Il 22 agosto 1891 fu inaugurato il primo ospedale monzese dedicato a san Gerardo, compatrono della città insieme a san Giovanni Battista, grazie anche alla cospicua donazione da parte del re Umberto I.
Al 31 dicembre 1895 Monza contava circa 37.500 abitanti stabili, con "31 strade interne" della lunghezza di circa 42 chilometri. Intorno a queste strade vi era la campagna che produceva frumento, mais, foraggi, patate, avena, segale ed ortaggi in genere. Altra fonte di ricchezza era l'allevamento dei bachi da seta (i bigatt) i cui bozzoli venivano lavorati dalle filande della Brianza. Il 17 agosto 1899 venne fondato il settimanale cattolico "il Cittadino" (direttore l'avv. Filippo Meda), tuttora in attività .
Il 29 luglio 1900 viene assassinato a Monza, per mano dell'anarchico Gaetano Bresci il re d'Italia Umberto I. Nel 1910 venne ultimata la Cappella Espiatoria, costruita per commemorare il decennale dell'uccisione di Umberto I.
All'inizio del secolo Monza conta 41.200 abitanti; nel 1911 è annoverata tra gli otto centri più industrializzati d'Italia. Le attività principali rimangono quelle legate alla lavorazione del cotone, alla meccanica e alle industrie dei cappellifici.
La prima guerra mondiale (1915-1918) ha coinvolto anche Monza come le altre città d'Italia; alla fine della guerra la città ha voluto ricordare i suoi seicento caduti con il grandioso monumento (1932) dello scultore E.Pancera, posto in piazza Trento e Trieste (l'antica piazza del mercato).
Nel periodo tra le due guerre mondiali l'assetto industriale della città non subì modifiche sostanziali, pur registrando notevoli incrementi nei volumi di produzione. Lo sviluppo edilizio conseguente fu notevole e talvolta disordinato; nel 1925 si cercò di mettere ordine in materia urbanistica con un apposito piano regolatore.
Furono abbattute le antiche costruzioni che sembravano di ostacolo, fu modificata l'antica piazza del mercato nell'attuale piazza Trento e Trieste in fronte alla quale fu costruito il nuovo Palazzo del Comune su disegno dell'architetto Brusconi.
All'interno del parco vengono costruiti l'autodromo (1922) e un campo da golf (1925).
La seconda guerra mondiale comportò per la città di Monza bombardamenti, distruzioni e vittime civili e, dopo il 1943, l'occupazione nazista.
Nel corso della guerra Monza non fu direttamente coinvolta in scontri ma fu oggetto di ripetuti bombardamenti e mitragliamenti da parte dell'aviazione anglo-americana durante tutti e cinque gli anni di conflitto: il primo bombardamento, dei razzi illuminanti a scopo intimidatorio, risale al 17 giugno 1940, appena sette giorni dopo l'ingresso dell'Italia in guerra, e l'ultimo nella notte dell'11 aprile 1945.
Due sirene avvertivano la popolazione: una in centro città gestita dai vigili del fuoco e una, collegata alla prima, su un edificio della Philips in via Borgazzi, coadiuvate nel corso dei frequenti bombardamenti del 1945 dalla campana maggiore del Duomo di Monza. Le difese antiaeree cittadine, insufficienti, furono due batterie contraeree per tutta l'area di Monza e Lissone, spostate nel 1943, due mitragliere sulla Casa della GIL, e, dopo l'occupazione nazista, delle postazioni per cannoni poste fra San Fruttuoso e il Rondò. Le principali vie di comunicazione furono dotate di trincee paraschegge e durante il giorno addetti del comune ogni due o tre chilometri segnalavano con bandierine bianche l'avvicinarsi di velivoli nemici.
Subito dopo le leggi razziali e ancor di più durante gli anni della guerra su pressione del podestà Ulisse Cattaneo, in Monza si verificarono persecuzioni nei confronti delle due famiglie ebree monzesi, i Colombo e i Levi, che avranno entrambe tra i loro componenti vittime nel campo di concentramento di Auschwitz, e di altri ebrei residenti o transitanti per Monza, i fratelli Nüremberg, il milanese sfollato Enzo Namias, morto anch'egli ad Auschwitz, e sette ebrei ricoverati presso la casa di cura Villa Biffi, tra cui Clara Finzi, deportata dopo il parto, e Dorotea Pisetzky, malata psichica deportata al campo di concentramento di Bolzano presso Gries e uccisa dalle sevizie delle guardie, oggi sepolta nel campo ebraico del Cimitero Monumentale di Milano.
Già durante i primi anni di guerra erano attivi in Monza dei gruppi antifascisti che si riunivano clandestinamente nello studio dell'avvocato Fortunato Scali. Nel corso del 1943, un gruppo di antifascisti monzesi, guidati da Gianni Citterio, militante del PCI e figura centrale della Resistenza cittadina, fondarono il "Fronte di azione antifascista", organizzazione politica clandestina che stampava anche il giornale "Pace e Libertà " nella casa di Antonio Gambacorti Passerini presso Olgiate Calco, fino alla caduta del fascismo nel settembre 1943. Il gruppo fu attivo nella propaganda antifascista, mediante la diffusione di volantini e di manifesti, e sarà la base da cui si costituirà il CLN monzese.
Nella resistenza cittadina è da ricordare anche la figura del monzese Giovanni Battista Stucchi, alpino tornato dalla spedizione italiana in Russia che si unì alla lotta partigiana dopo la caduta del Fascismo nel 1943, ricoprendo ruoli di primo piano come membro socialista del Comando militare del CLNAI e Comandante militare unico della Repubblica partigiana dell'Ossola.
L'8 settembre 1943, in occasione dell'armistizio, Gianni Citterio, con i membri del "Fronte d'azione antifascista" e i rappresentanti dei partiti democratici, si rivolse alla cittadinanza dal balcone del Municipio, incitando i monzesi alla resistenza e alla lotta armata contro il fascismo e contro l'invasore tedesco.
Pochi giorni dopo, il 12 settembre 1943, ebbe inizio l'occupazione nazista di Monza, le truppe della Wehrmacht entrarono in città e insediarono il comando presso il macello comunale (tra via Mentana e via Buonarroti). Seguì una capillare occupazione della città con la complicità dei comandi fascisti locali, l'insediamento del comando di piazza nella casa del Fascio, di un presidio militare presso San Fruttuoso e del comando operativo delle SS per tutta l'Italia settentrionale ovest nelle ville attorno alla Villa Reale.
Nel corso dell'occupazione, dall'aprile 1944, si distinse per brutalità e torture l'Ufficio politico investigativo, istituito dai fascisti repubblichini in dipendenza della Guardia Nazionale Repubblicana con compiti di investigazione e repressione dei reati politici, di cui uno dei tre distaccamenti aveva sede in Monza. La repressione antipartigiana, in collaborazione coi tedeschi, fu portata avanti con interrogatori violenti e torture sistematiche nella Villa Reale e nelle adiacenti ville di via Tommaso Grossi, nel macello comunale, dirimpetto al carcere di via Mentana allora in uso, e nella Casa della GIL, oggi Urban Center. Nel quadro della repressione fascista furono attive anche le Brigate Nere cittadine, con soprusi e requisizioni alla popolazione, e la "Banda Pennacchio", una banda di repressione aggregata al comando delle SS monzese.
La mattina del 25 aprile 1945, con la città ancora sotto occupazione nazista e con un'ingente presenza fascista, mentre le brigate partigiane calavano da tutta la Brianza, i membri del CLN monzese cercarono un incontro con il comando tedesco per evitare scontri sanguinosi e rappresaglie sulla popolazione. Tale colloquio segnò anche l'ultima presenza documentata del sergente delle SS Siegfried Werning, criminale di guerra che farà perdere le proprie tracce. L'incontro, senza che si raggiungesse un accordo di resa, comportò una "tregua d'armi" dettata dallo stallo a partire dalle ore zero del 25 aprile stesso, per cui i tedeschi non interferirono con gli eventi dell'Insurrezione, riuscendo così a limitare gli scontri armati avvenuti in città tra il 25 e il 26 aprile 1945, che registrarono però alcune vittime civili. Il 26 aprile si insediò il CLN in Municipio e venne nominato primo sindaco della Liberazione il socialista Enrico Farè, membro del CLN e già ultimo sindaco della città prima del Fascismo, che il 30 aprile nominò la giunta municipale.
Il 29 aprile 1945 fecero il loro ingresso in città i militari americani della 1ª divisione corazzata, prendendo contatto, grazie alla mediazione dell'arciprete di Monza monsignor Giovanni Rigamonti, con le SS ancora asserragliate nel loro quartier generale e imponendogli la resa. Il 30 aprile 1945 i tedeschi lasciarono quindi la città .
Al termine della guerra Monza contò ottantatré caduti per mano nazifascista tra partigiani e deportati, tra cui Gianni Citterio, decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, Ferdinando Tacoli, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria, a cui è stata dedicata la scuola elementare situata nel quartiere Triante, e Elisa Sala.
Nella seconda metà del secolo la città conosce un notevole incremento di popolazione e un conseguente sviluppo edilizio. Con lo sviluppo delle varie attività si manifestano i problemi legati al traffico e ai collegamenti con i centri vicini, soprattutto con Milano.
All'inizio del secolo Monza conta circa 120.000 abitanti.
L'Università degli Studi di Milano-Bicocca pone in Monza il suo campus per le Facoltà di medicina e chirurgia e di Scienze dell'organizzazione.
Nella primavera del 2009 viene completata la controversa risistemazione della piazza Trento e Trieste (l'antico 'Pratum magnum' medievale): con l'occasione viene riportato alla luce parte del decorso della roggia anticamente usata dagli artigiani tessitori.
I simboli di Monza sono lo stemma, il gonfalone e la bandiera.
La bandiera di Monza è troncata di rosso e di bianco ed al centro di essa campeggia lo stemma di Monza.
Lo stemma di Monza è costituito da uno scudo sannitico di colore azzurro al cui interno sono rappresentate la Corona ferrea e la Croce di Berengario. Lo scudo, contornato da una fascia d'argento con la scritta latina Est Sedes Italiæ Regni Modœtia Magni (Monza è la capitale del grandioso Regno d'Italia), è decorato da rami d'ulivo e di quercia legati da un nastro azzurro ed è timbrato da una corona da città .
La descrizione del gonfalone è la seguente:
Altri simboli sono il sole e la luna, che comparivano nell'antico stemma cittadino, la Corona ferrea, un'antica corona custodita nella Basilica di San Giovanni Battista che per secoli fu usata per la consacrazione di numerosi sovrani tra i quali i Re d'Italia, e la Croce di Berengario (anche detta "Croce del Regno"), un affascinante e storico gioiello di oreficeria carolingia.