fa dei Vitani nella presa di Como, ed ai loro discendenti le terre di Plesio e di San Siro per i servizi resi. L'investitura feudale venne rinnovata nel 1469.

Nel Liber consulum civitatis Novocomi si riportano i giuramenti che i consoli comunali prestarono dal 1510 al 1536. Anche qui Plesio risulta inserito nella pieve di Menaggio, però nella Relazione Opizzone del 1644 appare iscritto nella Squadra di Rezzonico del Contado di Como.

Nel 1603 il pittore Gian Domenico Caresana, di Cureglia affresca l'altare maggiore e due altari laterali nella chiesa parrocchiale di san Fedele. Queste opere andarono distrutte con l'abbattimento della vecchia chiesa alla fine del XVIII secolo.

Dal censimento del 1751 si evince che Plesio era di nuovo inserito nella pieve di Menaggio, era composto da cinque terre: Plesio con 145 abitanti, Ligomena (Ligomna) con 128 abitanti, Logo (Luogo) con 96 abitanti, Barna con 197 abitanti e Calveseglio con 47 abitanti, non era infeudato, infatti con istrumento notarile di Francesco Mercansolo del 30 agosto 1647, per sottrarsi ad una possibile infeudazione, aveva versato alla Regia Tesoreria la somma di lire 1670 e ogni quindici anni pagava la somma di lire 100.

L'emigrazione

L'emigrazione fu un fenomeno diffuso su tutto il territorio lariano quale strategia di sopravvivenza familiare. Di origine antichissima, è documentata già nel medioevo quando gli artigiani Magistri comacini abbandonavano i propri paesi e giravano l'Italia e l'Europa quali carpentieri. Si tratta di un flusso che, a partire dal XVI secolo, ha raggiunto movimenti considerevoli di popolazione: nel 1599 gli abitanti di Plesio erano 900, nel 1643 erano 461 e nel 1699 erano 385. Gli assenti perché emigrati nel 1643 erano 115 uomini. L'emigrazione era quindi riservata agli individui maschi ed era di carattere temporaneo e stagionale. Sul finire dell'inverno gli uomini in forza partivano per esercitare le professioni più disparate: muratori, facchini, mugnai, stagnini, artisti, ma anche marinai ed acrobati e talvolta, sebbene considerata degradante, soldati. Verso novembre ritornavano, se non succedevano imprevisti durante il viaggio o durante la permanenza, portando il sostentamento per le famiglie, per gestire il patrimonio e per stabilire le alleanze matrimoniali. Durante i mesi estivi toccava soprattutto alle donne tenere "il focolaio acceso" e dedicarsi ai duri lavori dei campi.

Le mete erano le città della Lombardia e dell'Italia, ma ha raggiunto paesi anche lontani come la Germania, l'Austria, i Paesi Bassi arrivando persino la Russia. Nel XIX secolo le mete preferite furono l'Argentina e l'America in genere.

Le cause che generarono questo fenomeno furono gli insostenibili oneri fiscali, l'instabilità politica che generava saccheggi e distruzioni, le malattie, in particolare la peste del 1630.

Gli emigrati si associavano in confraternite, chiamate scuole o società, dedicate al santo protettore dei paesi d'origine e mantenevano i legami con la propria terra elargendo beni per abbellire la chiesa o per opere pubbliche o di carità. La Societas Mediolani degli emigrati di Barna e Ligomena fece costruire nel 1638 per lo scampato pericolo della peste la cappella di san Rocco e offrì una tela a olio con l'immagine del santo. Ioannes de Pertusiis de Lichomina nel 1676 dona alla chiesa parrocchiale un beneficio perpetuo di cento libre all'anno. Invece Ioannes Stephanus de Petiis di Breglia fa un lascito perché il parroco insegni ai bambini conterranei a leggere e scrivere

Contemporaneamente all'emigrazione si assistette anche al fenomeno contrario: il vuoto lasciato dagli emigrati, veniva ricolmato da altre persone che, giunti per trovare lavoro, si sposavano e venivano accettati come vicini dalla comunità. In un secondo tempo essi stessi sarebbero diventati a loro volta emigranti. Così nel XVI secolo arrivarono i Pedrazzini provenienti da Campo Vallemaggia, nel XVII secolo i Dell'Avo ancora da Campo e i Tenti da Vals in Val Lumnezia.

Il banditismo

Dopo la costituzione della Repubblica Cisalpina, i Francesi di Napoleone, giunti in Italia nel 1796, avevano instaurato un regime di soprusi e di violenza. Agli occhi del popolo la nuova repubblica significava ruberie, nuove tasse, incomprensibile ed offensivo oltraggio del sentimento religioso. Ma la cosa più grave che suscitò il malcontento popolare fu l'istituzione della coscrizione obbligatoria che costrinse tanti uomini alla clandestinità e al brigantaggio. Giacomo Carciocchi detto Carcini di Ligomena ebbe un ruolo decisivo.

L'età contemporanea

Un decreto di riorganizzazione amministrativa del Regno d'Italia napoleonico datato 1807 sancì l'annessione al comune di Breglia, decisione che venne ribaltata cinque anni dopo, quando un nuovo decreto comportò la ricostituzione del comune di Plesio, al quale Breglia risultò aggregato. Tutte le decisioni del periodo napoleonico furono tuttavia cancellate dalla Restaurazione, con gli austro-ungarici che ricostituirono il vecchio comune di Plesio con Barna, Calviseglio, Ligomna e Logo.

Nel 1908 David Beghè affresca il presbiterio della priorale con due scene della vita del patrono san Fedele.

Nel 1928 il comune di Plesio vide allargare i propri confini territoriali con l'annessione del soppresso comune di Breglia.

Nell'ultimo conflitto mondiale anche Plesio visse momenti drammatici. Il 29 marzo del 1944, le famigerate Brigate Nere di Menaggio, comandate da Emilio Castelli, rastrellarono le frazioni in cerca di renitenti alla leva. Non riuscendo a scovarli, ben 39 persone furono tratte in ostaggio destinate alla deportazione nei lager tedeschi. La spietata strategia funzionò, il 1º agosto 1944 i 13 renitenti si arresero al questore Pozzoli. Alcuni di questi giovani non tornarono più dai campi di prigionia..

Simboli

Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 18 dicembre 1951.

Lo stemma del comune è dedotto da una scultura in pietra posta sopra un portale, tradizionalmente considerata lo stemma del paese. È così descritto:

La scritta "Plesios" riprende la possibile etimologia greca del nome paese. L'aquila è simbolo delle origini romane del territorio e della sua posizione in altitudine tra le montagne. La tunica d'argento allude alla veste dei monaci cistercensi che nel 1169 ripararono a Plesio sospinti dalle truppe del Barbarossa e vi edificarono un convento.

Il gonfalone è un drappo di azzurro.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture civili

Architetture religiose

Custodisce un organo Rugantino della prima metà del XVII secolo.

È una piccola costruzione a pianta rettangolare a navata unica preceduta da un nartece antistante l'ingresso. È costruita in una posizione particolarmente suggestiva dal punto di vista paesaggistico, vicino ad una sorgente, sulla sella di sant'Amate, alla fine della Forcoletta del monte Grona e l'inizio della dorsale sud del costone del Bregagno.

Aree naturali