gli osservatori per controllare i movimenti della flotta nemica, la quale il 5 agosto, lasciata la base e unitasi a quella francese ancorata a Marsiglia, aveva raggiunto Nizza. Il 6 agosto fallivano le speranze di un accordo diplomatico, poiché i Nizzardi si rifiutarono di arrendersi ai Turchi.
In attesa di sferrare l'attacco, nella notte, un gruppo di circa 13 galeoni di appoggio alla flotta del sultano Solimano II, al comando del corsaro Barbarossa (probabilmente di origine algerina) non rinunciarono alla possibilità di fare bottino e mossero alla volta di Sanremo, sperando di cogliere, all'alba, gli abitanti ancora nel sonno. La città , però, si era preparata e poteva contare su un pari numero di uomini validi e armati. I barbareschi cercarono prima di saccheggiare la città , ma dopo uno scontro molto duro non vi riuscirono e finsero di abbandonarla. Sbarcarono, tuttavia, nei pressi dell'allora borgo di San Martino, ma nonostante l'espediente, trovarono gli abitanti ad aspettarli, al comando del podestà Spinola. La battaglia, allora, si spostò nei pressi di un colle ai piedi del quale, molto più avanti, sarebbe sorta Verezzo. Verezzo è una frazione del comune di Sanremo situata a circa 400 metri sul livello del mare e che conta circa mille abitanti suddivisi nelle due sotto frazioni San Donato e Sant'Antonio, le quali ospitano una parrocchia ciascuna. Gli abitanti della frazione di Verezzo sono conosciuti con il nome verezzenchi o veresenghi.
Il territorio prettamente collinare offre sentieri da esplorare sia a piedi che in mountain-bike e la presenza di una vasta flora insieme a piccoli laghetti naturali, accompagnano e rendono più piacevoli le escursioni. Trovandosi alle spalle della città di Sanremo, si gode di un'ottima vista su essa e sui due porti della città , di cui Portosole il più recente. La lotta fu molto aspra, con grandi perdite da entrambe le parti, ma dopo ore di combattimenti gli invasori furono rigettati indietro e costretti a imbarcarsi in tutta fretta sulle loro navi.
A ricordo dell'avvenimento glorioso, il colle venne ribattezzato Parà , ossia parata, poiché era stata parata la mossa audace del corsaro. Su una delle creste collinari di Verezzo, una croce segna il punto in cui si svolse la vittoriosa battaglia contro i barbareschi. Su essa è incisa una dedica ai gloriosi che hanno resistito all'attacco nemico. Nell'Archivio di stato di Genova, inoltre, è conservata la lettera con cui Luca Spinola informò il governo della Superba dell'accaduto.
Per quasi due secoli rimase sotto il protettorato genovese. Nel 1748, con la fine della guerra di successione austriaca (durante la quale Genova si alleò con i Francesi e gli Spagnoli, causando il bombardamento inglese di Sanremo nel 1745) la presenza asburgica in Italia si era alquanto assottigliata. I rapporti tra l'Austria e la Repubblica genovese non erano mai stati buoni, e la Superba pensò di sfruttare la situazione a suo vantaggio, assicurandosi definitivamente il dominio su Sanremo, che, sebbene godesse dello statuto di comune convenzionato, rappresentava tuttavia una spina nel fianco per la Repubblica, sia per la concorrenza dei traffici portuali, sia per le continue rivolte. Sanremo, infatti, si considerava sabauda.
Il pretesto per attuare il progetto fu l'invio, l'anno successivo, del nuovo commissario, Gio Batta Raggio, incaricato di distaccare Coldirodi da Sanremo, nell'ottica di una più equa ripartizione delle spese della guerra appena conclusa. In realtà , Genova voleva rafforzare la sua presenza nel ponente, preoccupata da diverse infiltrazioni sabaude, come Finale e Seborga. Va aggiunto, inoltre, che tra Sanremo e Coldirodi vi erano sempre state incomprensioni e angherie reciproche.
Nel 1752, i Collantini presentarono una formale richiesta di distacco da Sanremo, giustificandola con gli eccessivi soprusi subiti nel passato, tra cui l'obbligo di pagare gabelle senza benefici e il non aver mai ottenuto una rappresentanza nel parlamento locale. Il 1º febbraio 1753, così, Genova stabilì che da quel momento Coldirodi, al tempo La Colla, doveva ritenersi separata dalla Magnifica Comunità di Sanremo, e contemporaneamente inviava il colonnello cartografo Matteo Vinzoni per tracciare i nuovi confini tra i due comuni. Egli, il 6 giugno, chiese la collaborazione di due deputati per stabilire i nuovi termini, ma il Consiglio rispose che la scelta andava fatta dall'intero Parlamento, ma mentre era in corso la seduta convocata dal commissario, un gruppo di cittadini invase la sala chiedendo che fosse convocato il Parlamento. Seguirono momenti concitati, e l'intervento di un gran numero di soldati e un colpo di archibugio sparato dal palazzo del commissario costituirono il segnale della rivolta. La folla disarmò i soldati e imprigionò il commissario Doria, assieme alla sua famiglia, e Vinzoni.
Poco dopo venne fatto suonare solennemente il campanone di San Siro per chiamare a raccolta la popolazione, che si radunava gridando gioiosamente "Viva San Romolo" e "Viva Savoia" e veniva convocato il Parlamento, che il giorno successivo decideva di presentare una solenne petizione di annessione al Regno di Sardegna direttamente al re Carlo Emanuele III, e, al contempo, intimò a Vinzoni di rinunciare al proprio incarico, pena la morte. La città , inoltre, cominciò a prepararsi all'inevitabile scontro, per cui si apprestarono armi e difese, e si nominò in magistrato di guerra. La cosa, tuttavia, non prese il verso giusto e sin dall'inizio non diede i risultati sperati: la delegazione sanremese non venne neppure ricevuta dal re di Sardegna e inoltre i comuni di Ventimiglia, Bordighera, Taggia, Porto Maurizio e Ceriana si dissociarono subito dalla sollevazione. Genova, intanto, aveva cominciato ad arrestare tutti i cittadini sanremesi che si trovavano nei vari comuni della repubblica, e bloccato tutte le navi nei porti convenzionati. La mattina del 13 giugno giunsero, con tre galee e varie navi minori, ben 1027 soldati al comando del generale Agostino Pinelli, che chiese la liberazione del commissario e del cartografo. Ottenuto un secco rifiuto, diede ordine di sparare sulla città . Il bombardamento proseguì per tutta la giornata, compresa la notte, e parte del giorno successivo, in cui cominciò anche lo sbarco delle truppe, in diverse zone, tra Capo Nero, la Pietra Lunga e la Foce. Lo scontro si spostò verso la città vecchia, dove i sanremesi, dalla Porta dei Cappuccini, risposero ai bombardamenti cannoneggiando a loro volta e uccidendo 2 soldati e ferendone altri 14.
In seguito i matuziani preferirono ritirarsi nella città vecchia, per meglio concentrare le forze, lasciando così le posizioni meno importanti in mano ai genovesi. Nel frattempo, i fucilieri della repubblica erano riusciti a occupare il convento dei nicoliti (ossia quello che è divenuto il Cottolengo) e pertanto avevano conquistato la parte alta della città senza praticamente sparare un colpo. A questo punto, il generale Pinelli, visto che la situazione gli era ormai diventata favorevole, decise, molto astutamente, di proporre un accordo alla cittadinanza, avvalendosi dell'aiuto dei padri Balbi e Curlo: se i rivoltosi si fossero arresi e avessero liberato i prigionieri, sarebbero stati graziati dalla repubblica e lui stesso si sarebbe adoperato per mitigare il castigo; in caso contrario, invece, le ostilità sarebbero continuate "fino all'ultimo sterminio". I sanremesi, ormai stanchi e disorganizzati, decisero di accettare in maniera troppo affrettata, e così Pinelli poté entrare in città senza alcuna difficoltà . Dopo due giorni di relativa tranquillità , nella notte, il generale Pinelli cominciò a non rispettare i patti, facendo arrestare molte persone coinvolte nella sollevazione. Gli imprigionati furono talmente tanti che fu necessario incarcerarne molti nel palazzo Borea, divenuto, nel frattempo, quartier generale dei genovesi.
Il 16 giugno fu convocato il Consiglio e Pinelli ordinò che in due ore fosse pagata la somma altissima di 80'000 lire come risarcimento dei danni. Siccome la popolazione non riuscì a racimolarla in tempo, il generale prese in ostaggio i consiglieri e dilazionò il pagamento in due giorni, ma, come ebbe la somma, ordinò che gli fossero consegnate altre 100'000 lire nei successivi otto giorni. I sanremesi, terrorizzati, non riuscirono comunque a riunire l'intero ammontare, per cui una parte fu pagata sotto forma di barili di olio, che, prontamente, furono spediti a Genova. Pinelli, poi, continuò la sua opera da tiranno. Abolì gli Statuti e tutti i privilegi che, nel tempo, erano stati accordati alla città , ordinò il saccheggio delle frazioni di Verezzo e Poggio, decise di calare a terra il campanone di San Siro, che aveva dato l'avvio alla rivolta, inviandolo a Genova assieme agli archivi della città , e, in aggiunta, fece mozzare la torre campanaria, stabilendo che, all'interno della chiesa, al posto della cattedra vescovile fosse sistemata quella del rappresentante della Repubblica. Fu una vera e propria ondata di terrore, che non risparmiò da razzie neppure le chiese della città , che vennero spogliate di qualsiasi oggetto di valore. Le persone arrestate, inoltre, furono rapidamente processate: quattro di essi furono impiccate (e condannate all'esposizione post mortem della testa), qualcuno venne esiliato, e altri condannati a 10 anni di reclusione, oppure a pubbliche pene corporali. Di conseguenza, i cittadini che potevano fuggirono in città vicine, come Pigna, Apricale e Seborga, che erano parte del Regno di Sardegna.
La notizia di quanto stava avvenendo, per fortuna, si sparse rapidamente in tutta Europa, e si mosse in difesa di Sanremo addirittura l'Impero Asburgico. Poco dopo, allora, il 4 settembre, Genova emetteva un indulto generale, dal quale, tuttavia, rimanevano esclusi i 14 principali artefici della rivolta. Di essi, qualcuno morì in carcere, mentre altri restarono condannati all'esilio a vita; furono duemila gli esuli, tra i condannati e quelli spinti dalla paura. Gli atti di Pinelli furono però denunciati al Senato genovese, che aprì un'inchiesta. Saltarono, così, alla luce tutte le nefandezze da lui compiute, e di conseguenza, il 12 ottobre, dopo essersi scusato e giustificato, fu costretto al congedo.
Lo sostituì Francesco Maria Sauli, ma la situazione non migliorò, poiché la delegazione sanremese a Vienna si adoperò per ottenere la protezione imperiale e l'annessione al Regno di Sardegna. La notizia giunse al commissario genovese, che ordinò una nuova ondata di arresti e violenze, causando nuove fughe dei cittadini impauriti. Alla fine di novembre, la città era ormai popolata solo da donne, vecchi, e bambini. Genova, così, decise di emettere un nuovo indulto il 4 marzo 1754, ma nonostante tutto gli esuli non tornavano. La situazione, inoltre, si arenò, poiché Vienna prese posizioni formali contro Genova; ma la Repubblica continuava nella sua opera, parendo quasi impossibile un intervento armato imperiale. Sauli, così, pubblicò il nuovo regolamento economico della città , in cui, ovviamente, le tasse erano aumentate al fine di tenere oppressa la popolazione. L'ultimo atto del commissario fu l'approvazione del progetto di costruzione del forte Santa Tecla (che assunse nel tempo varie destinazioni, e fu carcere fino al 1997), in modo che si potesse "tenere a dovere" i sanremesi. La posa della prima pietra avvenne il 6 luglio 1755 e in un anno si conclusero i lavori. Vinzoni, poi, fu incaricato di terminare l'opera di separazione della Colla e il catasto venne aggiornato.
Contemporaneamente la delegazione sanremese a Vienna proseguiva la sua opera, e Maria Teresa d'Austria si pose come intermediaria con Genova. La Repubblica, così, concesse il perdono agli esuli, restituì molti beni confiscati, scontò dalle tasse annue trentamila lire e restituì una campana (ma quella originaria di San Siro è ancora nella cattedrale di San Lorenzo a Genova). La città , però, rimase abbandonata a se stessa, e l'unica cosa positiva fu la ricostruzione del porto, abbandonato dai tempi di Pinelli, i cui lavori terminarono nel 1786. La dominazione genovese sarebbe cessata solo nel 1815, quando, con la Restaurazione, tutta la Liguria venne annessa al tanto sospirato Regno di Sardegna.
Le truppe napoleoniche, nel 1794, occuparono la città che divenne capoluogo del Dipartimento delle Palme, poi "Giurisdizione" con lo stesso nome dal 1798 con capoluogo Sanremo. Nel 1805, con l'annessione della Liguria alla Francia, con il territorio della Giurisdizione delle Palme ed il vicino Monegasco fu formato l'arrondissement di Sanremo, appartenente al Dipartimento delle Alpi Marittime. Dopo la restaurazione dei Savoia (1814) venne annessa al Regno di Sardegna. La decadenza cittadina aveva portato scarse condizioni igieniche, che culminarono in una grave epidemia di colera nel 1837: è di questo periodo la costruzione di un nuovo cimitero suburbano e l'allestimento di un lavatoio pubblico.
Da quegli anni la città incominciò a crescere dal punto di vista turistico: nel 1864 la zarina Maria Aleksandrovna per prima scelse Sanremo per "svernare", aprendo la strada al turismo elitario della nobiltà russa, attratto dal clima mite e dalla bellezza dei luoghi.
Due anni dopo la partenza della zarina, tra il dicembre del 1877 e il febbraio del 1878 soggiorna e lavora a Sanremo il compositore russo Ciaikovskji.
Anche l'Imperatrice Elisabetta di Baviera (Sissi, Imperatrice d'Austria) tra i suoi numerosi e lunghi viaggi per l'Europa (1870-1890) si recò diverse volte a Sanremo.
In quel periodo vennero edificati vari edifici e ville monumentali, principalmente in stile liberty, per l'aristocrazia europea che divenne semi-stanziale nella cittadina. Sempre a fine Ottocento la cittadina vide il passaggio dall'agricoltura basata sugli agrumeti, molto fiorente, alla floricoltura. Nel 1872 la città venne raggiunta dalla ferrovia.
All'inizio del Novecento cominciarono a sorgere le strutture di intrattenimento più qualificate per l'esigente élite della Belle époque: il Casinò, il campo golf, la funivia Sanremo-Monte Bignone, all'epoca la più lunga del mondo, l'ippodromo, lo stadio, eccetera.
Al termine della prima guerra mondiale Sanremo venne scelta per la Conferenza Internazionale degli Stretti, con cui venne discussa, tra gli Alleati, la redistribuzione delle terre dell'ex Impero ottomano, tra cui la Palestina (assegnata alla Gran Bretagna), la Siria, Cilicia e Libano (alla Francia).
Intorno agli anni trenta si ebbe la massima espansione turistica della cittadina: la città continuò a incrementare le proprie strutture ricettive da un lato, e l'economia basata sulla floricoltura dall'altro. Con l'approssimarsi della seconda guerra mondiale ebbe inizio un lento declino del turismo elitario.
Nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, furono arrestati a Sanremo almeno 26 tra i molti ebrei che vi risiedevano o che vi avevano cercato rifugio dalle deportazioni. La memoria di sei sanremesi deportati è ricordata dalla posa il 28 gennaio 2022 di altrettante pietre d'inciampo nei pressi di corso Garibaldi e dei Giardini Vittorio Veneto. Numerose altre pietre e memoriali ricordano in città le molte vittime tra partigiani e civili protagonisti della Resistenza a Sanremo.
Al referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, 10.289 elettori sanremesi (il 50,2%) votarono per il mantenimento della monarchia sabauda e 9.898 votarono per la Repubblica (il 49%).
Con la fine del conflitto la città vide l'incremento del nuovo turismo di massa; conseguentemente, vennero spostati i periodi di soggiorno dall'inverno all'estate. Questa enorme crescita economica, e le grandi opportunità di lavoro nella floricoltura, attirarono soprattutto dall'Abruzzo tantissimi lavoratori, che di fatto contribuirono in maniera notevole ad accrescere la città .
Nel 1951, con l'istituzione del Festival della canzone italiana (a opera dell'amministrazione comunale, che ne detiene la proprietà intellettuale e ne appalta l'organizzazione), Sanremo acquistò ancora di più un ruolo nell'immaginario collettivo di destinazione d'élite, e come tale beneficiò di un notevole incremento del flusso turistico. Pertanto le attività ludiche e ricreative per il nuovo tipo di esigenze crebbero di pari passo con la speculazione edilizia degli anni sessanta e settanta, che portò a una crescita urbana selvaggia e disarmonica, rendendo la cittò sempre più popolosa e caotica. Un affresco di questa crescita spasmodica dell'attività turistica e dell'espansione urbanistica incontrollata che caratterizzarono la città dalla metà degli anni cinquanta è tracciato con occhio critico dallo scrittore sanremese Italo Calvino nel suo breve romanzo La speculazione edilizia.
Il 5 aprile 1972 ebbe luogo, proprio davanti al Casinò di Sanremo, la prima dimostrazione pubblica in Italia per la difesa della dignità e dei diritti degli omosessuali: ciò accadde in risposta all'organizzazione di un convegno di sessuologia che intendeva giustificare la terapia di conversione, dipingendo l'omosessualità come una malattia. Alla manifestazione parteciparono personalità legate alla rivista Fuori! quali Angelo Pezzana, Mario Mieli e Mariasilvia Spolato.
Nel 2001 la vecchia stazione della città fu dismessa e la linea ferroviaria che percorreva il lungomare venne convertita in percorso ciclopedonale. Al suo posto fu attivato il nuovo tratto sotterraneo della linea Genova-Ventimiglia a nord, con la costruzione della nuova stazione ferroviaria scavata nella roccia.
Per tradizione vi sono tre diverse modalità di indicare gli abitanti della città : i sanremaschi sono coloro che da generazioni sono nati e vissuti a Sanremo; i sanremesi, coloro che risiedono o sono nati in città ma hanno origini forestiere (furesti); infine matuziani, usato più raramente, termine che trae origine dall'antico sito romano di Villa Matutia, che raccoglie nella globalità gli abitanti della città dei fiori.