HTML may be malformed and/or unbalanced and may omit inline images. Use at your own risk. Known problems are listed at https://www.mediawiki.org/wiki/Special:MyLanguage/Extension:TextExtracts#Caveats.

San Secondo Parmense (San Sgond o Sasgond in dialetto sansecondino, San Zgónd in dialetto parmigiano), chiamato semplicemente San Secondo sino al 1862, è un comune italiano di 5 895 abitanti della provincia di Parma che si trova nella bassa parmense.

Geografia fisica

Territorio

Il territorio comunale di San Secondo si estende per circa 38 km² tutti pianeggianti, delimitato su tre lati da confini fluviali. Ad est il fiume Taro divide il territorio di San Secondo da quello di Sissa Trecasali, a nord il torrente Stirone funge da divisione amministrativa con Roccabianca mentre a ovest è il torrente Rovacchia a segnare il confine comunale con Soragna. Solo a sud, invece, la divisione con Fontanellato è puramente politica. Oltre ai corsi d'acqua già menzionati, numerosi altri canali attraversano il territorio: in particolare il canale San Carlo, che delimita a ovest e, in parte, a nord l'abitato stesso, e la fossaccia Scannabecco, che scorre a ovest del centro abitato e che in epoca romana imperiale segnava il confine amministrativo centuriale fra i municipia di Parma e Fidentia.

Il territorio comunale è attraversato anche da un paleoalveo del fiume Taro il cui andamento meandriforme è chiaramente visibile a sud del paese e che interessa nel suo corso il capoluogo stesso.

Essendo San Secondo un comune interamente pianeggiante (altezza minima 34 m s.l.m., altezza massima 47 m s.l.m.), il territorio è estremamente antropizzato e pertanto dedicato alle coltivazioni. Lungo il fiume Taro e i suoi affluenti persistono lembi di foresta a galleria, in particolare, si apprezzano alcuni boschi ripari di una certa consistenza in località Martorano e Ronchetti. Ad ovest del centro abitato esistono alcune aree umide di origine artificiale essendo esse cave di escavazione abbandonate lungo le quali è cresciuta vegetazione riparia spontanea.

Clima

Essendo ubicato nella pianura padana, San Secondo gode di un clima caldo e temperato caratterizzato da inverni piuttosto rigidi, nei quali facilmente la temperatura scende sotto zero, ed estati calde che, solitamente, risultano essere particolarmente afose a causa dell'alto tasso di umidità e della scarsa ventilazione. La temperatura media annua è di circa 12,7 °C, il mese più caldo è luglio, il più freddo gennaio. Le temperature medie variano durante l'anno di 22,2 °C

La piovosità media annua si attesta intorno agli 823 mm, le precipitazioni più intense avvengono in primavera e autunno, mentre i periodi più secchi sono l'inverno e l'estate. Durante i mesi invernali, le precipitazioni assumono non di rado carattere nevoso che, in taluni casi, possono anche generare notevoli accumuli al suolo (più di mezzo metro nel caso della tempesta del febbraio 2015).

Di seguito si riporta una tabella riassuntivi dei principali dati meteorologici:

  • Classificazione climatica: zona E, 2506 GG
  • Classificazione sismica: zona 3, secondo la classificazione sismica della protezione civile del marzo 2015

Origini del nome

Il nome del paese deriva da quello di una piccola chiesa che fu costruita fra i secoli VIII-IX sul suo territorio e dedicata, appunto, a San Secondo d'Asti.

Storia

Dall'età del bronzo al medioevo

Ubicato sulla sponda sinistra del fiume Taro, una zona un tempo ricca di paludi, il territorio di San Secondo fu abitato sin da tempi antichissimi come testimoniato dal ritrovamento sul finire del XIX secolo in località Copezzato, per opera del paleontologo Luigi Pigorini, di un insediamento terramaricolo risalente all'età del bronzo.

Il territorio fu comunque abitato anche in epoca classica benché l'ubicazione degli insediamenti resti tuttora incerta; probabilmente furono danneggiati o distrutti dalle bizze del fiume Taro che più volte nel corso dei secoli mutò alveo e devastò la campagna circostante con frequenti quanto disastrose alluvioni.

Quello che è certo è che il nucleo abitativo non coincideva affatto con il capoluogo odierno, fondato solamente fra il XIV e XV secolo, poiché l'attuale posizione era all'epoca occupata dal corso del fiume Taro, essendo essa il naturale sbocco del paleoalveo dei Tari Morti, ramo presumibilmente attivo all'epoca come si evince facilmente dagli assi centuriali tuttora chiaramente visibili fra il paleoalveo stesso che ne risulta il confine e l'attuale corso del fiume.

L'ipotesi più probabile è che l'insediamento vada ricercato a nord del paese, circa 1 km dal centro attuale sull'asse dell'insediamento terramaricolo (frangia di Copezzato), ma spostato decisamente più a ovest. Tale tesi è comprovata da un ritrovamento di estrema importanza avvenuto nel 1973 al margine di una cava: a due metri e mezzo di profondità rispetto all'attuale piano di campagna venne casualmente rinvenuto un vaso cinerario di cotto con monili e una moneta, un asse romano databile al periodo repubblicano, intorno al 150 a.C. Successivi indagini portarono alla luce altre urne cinerarie di epoca sempre romana, ma sicuramente successiva. La presenza di tombe a incenerizione di differenti periodi lascia quindi supporre una colonizzazione del territorio continuativa nel tempo.

Da sottolineare pure il fatto che il ritrovamento sia avvenuto a poca distanza dalla strada romana che conduceva nel cremonese, tale tracciato è ancor oggi sede stradale suddivisa fra la provinciale 10 per Cremona, l'asse principale del centro storico (via Garibaldi), proseguendo poi a sud del centro abitato stesso sino in località Grugno.

Una chiesetta sulle sponde di un lago: la signoria del Capitolo della Cattedrale di Parma

Cosa accadde in epoca romana tardo imperiale e nei primissimi secoli del Medioevo non è dato sapersi, come neppure si sa quando il fiume Taro assunse l'attuale corso, è presumibile comunque che, come accadde in molte altre zone d'Italia, l'abbandono e l'incuria delle opere idrauliche e arginali causate dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, lo spopolamento conseguente alle lunghe e sanguinose guerre gotiche, la calata dei Longobardi, abbiano causato una serie di stravolgimenti socio- culturali e disastri naturali (disalveamenti incontrollati e permanenti dei fiumi) che mutarono radicalmente l'aspetto e l'assetto del territorio.

È necessario quindi attendere l'epoca carolingia per trovare il primo riferimento all'attuale toponimo: nell'894, infatti, un diploma del re Arnolfo di Carinzia, nel quale vengono elencati i possedimenti del Capitolo della Cattedrale di Parma essendo allora vescovo Guibodo, cita l'attuale toponimo associato ad un "Lacum Sancti Secundi" che sta forse a indicare la presenza di una palude alimentata da periodici apporti di acqua convogliata attraverso l'alveo progressivamente insabbiato del Taro attualmente ancora visibile a sud del paese in località Corticelli e Castell'Aicardi (Tari Morti). Proprio alla presenza di tale palude è da attribuirsi il fatto che nel periodo tardo medioevale non esisteva ancora l'attuale nucleo abitativo; a quel tempo, infatti, gli insediamenti erano localizzati in prossimità della Pieve di San Genesio, della quale si ha notizia certa sin dall'XI secolo ma che potrebbe essere stata presente sin dal IX secolo e in prossimità della Chiesa di San Secondo che sorgeva su di un dosso collocato sulle rive del Lacus stesso, presumibilmente in località Zoccolanti, 1 km circa a nord del centro storico del capoluogo attuale.

Quest'ultimo nucleo abitativo è attribuibile agli Attonidi di Lecco, infatti in un atto notarile del 25 marzo 975 si ratifica la vendita di una corte incastellata che viene chiamata con il nome di San Secondo (curtem de Palacioni que dicitur sancti Secundi) in un diploma di Ottone III del 1º gennaio del 1000 che ne attesta la proprietà dei canonici del Capitolo della Cattedrale di Parma dopo che estinsero il debito del conte Attone stesso. A quell'epoca il principale nucleo abitativo della corte era composto da un castrum con cappella al suo interno, dalle case dei coloni e da una corte padronale, per un totale di circa 16000 m² circondati da un fossato come baluardo di difesa, dall'estensione dell'insediamento si può ipotizzare ospitasse dagli 80 ai 90 nuclei familiari.

La corte invece si estendeva attorno al castrum dominicale contando 240 ettari di terreni coltivati, 320 di pascoli e 480 di boschi e gerbidi. Intorno al castrum, sparsi sul territorio, vi erano i mansi coltivati dai massari.

Tuttavia il potere dei canonici ben presto inizia a vacillare; già nell'XI secolo la famiglia dei Canossa vanta numerosi diritti sulla proprietà (risulta possederne una quarta parte) e nel corso degli anni famiglie locali come i da Pizzo si legheranno ai laici dando il via ad una serie di aspre controversie legali per il possesso della Curtis.

Le acquisizioni di Orlando Rossi: da vassalli ad antagonisti del capitolo

Il nome della famiglia Rossi compare per la prima volta associato a San Secondo in una delle tante controversie legali che il Capitolo è costretto a sostenere: correva l'anno 1162 e nella disputa risoltasi ancora una volta a favore dei canonici compariva fra i loro testimoni un Bernardo de Rolando Rubeo (Rossi).

Appartenenti alla piccola nobiltà rurale alle dipendenze dei canonici, i Rossi vantavano possedimenti nella zona di Castell'Aicardi dove esisteva un castrum ubicato sulle sponde del Taro Morto, fin dal 1146 e sicuramente dovevano godere già allora di un certo prestigio per essere stati chiamati dal capitolo a testimoniare a suo favore contro il comune. Tuttavia, nonostante l'iniziale alleanza o probabilmente vassallaggio con i canonici, i Rossi cominciarono ben presto a cercare alleati in campo imperiale e a tramare con famiglie locali allo scopo di minare il potere del capitolo e di accrescere i propri possedimenti e il proprio blasone. Lo stesso Orlando de' Rossi testimone del 1164, divenuto podestà di Parma, riuscì ad ottenere la cessione della quarta parte della Corte di San Secondo dai Canossa, che la detenevano sin dal 1039, grazie ad alcune decisioni favorevoli a vassalli dei Canossa stessi.

La nascita dell'attuale capoluogo e il declino della Villa di San Secondo

La politica espansionistica dei Rossi inaugurata nella seconda metà del XII secolo culmina con la costruzione di un castello o castrum laico voluto da Bernardo Rossi e menzionato in un atto del 1223, ma che era già esistente nel 1210 in quanto gli ecclesiastici sentivano l'esigenza di definire il loro, ubicato in Villa di San Secondo, come castrum dei canonici, ammettendo implicitamente l'esistenza di un secondo castrum sul territorio.

Pur in assenza di evidenze archeologiche conclusive, appare logico che tale accastellamento rossiano sia stato edificato dove si trova l'attuale capoluogo, punto strategico collocato sulla riva del Taro morto, da dove si poteva attingere acqua per i fossati e a guardia della importante strada commerciale per Cremona, garantendo non solo il controllo dell'asse viario, ma anche una possibilità di sviluppo economico. Benché la convivenza fra i due accastellamenti sia durata più di due secoli, il destino dell'insediamento originario ubicato in Villa di San Secondo appariva da tempo segnato. Il capitolo, infatti, non era in grado di contenere né tanto meno contrastare l'ascesa dei Rossi sul territorio e la cessione sin dal 1167 della gestione delle loro terre in Villa San Secondo alla famiglia laica dei Malingeni dei quali si ricorda, come primo gastaldo del capitolo, Ulfredo nel 1170, non riuscì a sortire effetti concreti. La causa di tale declino non è da attribuirsi soltanto alla debolezza dei canonici, ma anche alla ubicazione stessa della Villa, strategica nel X secolo poiché posta su di un dosso circondato e protetto da paludi, ma totalmente marginale e decentrata rispetto alle vie di comunicazione nel XIV secolo dopo che le paludi stesse erano state bonificate.

Nel 1591 lo storico Bonaventura Angeli, nella sua opera, "La Historia della città di Parma", (a pagina 463), scrive che nel 1395, nell'occasione della incoronazione del Duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, in suo onore, fu organizzata una giostra cavalleresca, dove 8 cavalieri, tra i quali, Niccolò Terzi, il quale portava, sul suo copricapo, come cimiero, una cornetta, e che lo stemma dei Terzi, era la "triplice cornetta", e che era ancora visibile su di un affresco parietale "nel castello di San Secondo". Dopo l'acquisizione completa delle terre di San Secondo da parte dei Rossi, la Villa di San Secondo continuò ad essere popolata come mero insediamento abitativo svuotato di qualsiasi funzione amministrativa ma identificato come centro religioso in quanto attiguo alla antica chiesa curata. La Villa viene menzionata ancora in atti del 1413 e 1425, tuttavia la perdita della parrocchialità a vantaggio dell'oratorio della Beata Vergine Annunciata costruito per volere di Pier Maria II de' Rossi provocò una migrazione della popolazione verso il nuovo centro, meglio protetto dalla presenza del castello, segnando la fine del castrum dal quale per quasi mezzo millennio si era esercitato il potere amministrativo sul contado.

Della vecchia cappella, sulle cui origini non possono che farsi congetture ma che senz'altro diede nome al lago e, in ultima analisi, al paese, e dell'originario nucleo abitativo, non è rimasto più nulla, la cappella cadde infatti in disuso con la perdita della parrocchialità a vantaggio della attuale Collegiata. Nel 1470, sul luogo della Villa di San Secondo, si insediarono i frati francescani che presero possesso dell'antica cappella intitolandola a Santa Maria delle Grazie, costruendovi accanto un convento che esiste in parte ancora oggi, la cappella invece venne in seguito demolita nel 1820.

La signoria laica: l'ascesa e il declino dei Rossi marchesi di San Secondo

Durante la seconda metà del XIII secolo e la prima del XIV San Secondo è investito al pari del territorio circostante dalle continue guerre fra guelfi e ghibellini che sconvolgono il parmense: il borgo fortificato viene