che lo trasformò in dimora principesca, e lo arricchì di oggetti d'arte. Alla morte del marchese, l'edificio cadde in abbandono.
la proprietà passò in eredità prima ad Antonio Tiberi , poi fu venduta il 7 giugno 1820 a Giuseppantonio Rulli . Agli inizi dell'Ottocento il complesso, risulta composto da 21 vani al piano terra e 14 ai piani superiori, con una torre e la chiesetta Madonna di Costantinopoli.Passato in eredità alla figlia Giacinta Rulli sposata Sabelli che lo rivendette. Il complesso , riscattato dall'enfiteusi nel 1877 dalla duchessa Maria Teresa Cestari zia di Ortensia D'Avalos la quale, senza eredi, lo donò segretamente alla nipote Ortensia, moglie di Giovanni Quarto di Belgioioso, il quale affiderà il complesso ad un amministratore: Avveduto Bartoli Avveduti. Nel 1897 quest'ultimo qui ebbe una figlia, Maria Antonietta Bartoli Avveduti in arte Elena Sangro, che divenne diva del cinema muto, compagna di Gabriele D'Annunzio. Nel 1922 il complesso venne venduto a Umberto Mariani e a sua moglie Giulia Zaccagnini,ricchissimi emigrati di ritorno dall'America, che lo modificarono aggiungendo nuovi corpi. Gli spazi oggi utilizzati come sale espositive e centro culturale sono gli stessi nei quali negli anni '50 stavano i laboratori della lavorazione dei tabacchi. Sono stati denominati "Scuderie di Palazzo Aragona", in onore del Duca di Belgioioso, noto appassionato di cavalli, e in memoria dell'antico impiego del luogo della stazione della posta. Qui vi è una mostra che ricorda la cerimonia del Toson d'Oro del 1723.
Questo palazzo ospitò anche la sede dell'osservatorio meteorologico di Vasto dal 1892 al 1898 (con la direzione del dott. Alfonso Travaglini). Fonte: Alfredo Polsoni "Ricerche sui principali elementi del clima di Vasto", tipografia Zaccagnini e Lattanzio 1914.
Palazzo D'Avalos
Il palazzo è stato costruito da Giacomo Caldora, come attesta il primo documento che parla di questo palazzo: è un documento del 1427 che stabilisce un risarcimento dello stesso Giacomo Caldora a dei frati, per poi essere in seguito proprietà dei d'Avalos, che non lo utilizzarono mai come residenza.
Durante l'invasione turca fu messo a ferro e fuoco da Piyale Pascià a causa dell'assenza dei proprietari.
Il Palazzo consta di cortile e giardino, di cui il giardino è stato recentemente restaurato, e due livelli con tratti neoclassici sulle finestre. Poco o nulla rimane del suo aspetto originario, così come dell'antico teatro al suo interno.
Attualmente è sede museale archeologica, del costume e della pinacoteca. La sezione archeologica ospita statue femminili, teste di Afrodite, Eros, Zeus e Sileno, oltre una serie di statuine bronzee, tutte raffiguranti la figura di Eracle. La Pinacoteca contiene un settore dedicato alla pittura contemporanea ed in particolare a quella dell'800, in cui si possono ammirare opere di Filippo Palizzi, Valerio Laccetti, Francesco Paolo Michetti, tutti artisti abruzzesi e Giulio Aristide Sartorio.
Palazzo della Penna
La sua costruzione avvenne grazie ad Innico III d'Avalos, che si era insediato in città insieme alla cugina Isabella d'Avalos, nella spianata a nord del centro abitato, in prossimità del torrente Lebba e della sua valle, conclusa tra il 1615 (fabbricato principale) e il 1621.
Il Palazzo ha pianta quadrata, fortificata agli spigoli da quattro baluardi, un cortile spazioso, ampie sale, semicircondata da un recinto anch’esso protetto agli spigoli da bastioni e comprensivo di una serie di fabbriche adibite a locali di servizio. Arredato con eleganza, il Palazzo fu frequentemente abitato sia dal suo fondatore, che dai suoi figli, Ferrante e Diego.
Il 20 giugno 1711 venne saccheggiato dai turchi e il 25 febbraio 1713 divenne proprietà del nipote di Innico, Don Cesare Michelangelo d'Avalos, in ritorno a Vasto dopo 12 anni di esilio politico. Questo dominio segnò il periodo di maggior splendore nella storia del Palazzo che, restaurato ed abbellito, ospitò molti personaggi del Regno che si fermavano nella città , come il Connestabile Fabrizio Colonna, che venne a Vasto per ricevere il collare dell’Ordine del Toson d'oro e fu ospite per tre volte nel Palazzo.
Con la morte del Marchese nel 1729, il Palazzo cadde nell’abbandono più totale, diventando luogo malsano e solitario, intorno alla quale la fantasia popolare intrecciò storie paurose di diavoli e streghe. Da qui, probabilmente anche la nascita del nome di "Palazzo dei Cento Diavoli", perché secondo la leggenda in una notte spuntarono i tredici comignoli, oltre alle storie nate intorno alla famosa "Grotta della Carnaria" dove volontà popolare voleva abitasse un diavolo, ed al tunnel che probabilmente la collegava al Palazzo.
Luigi Anelli, nel suo volume “Origine di alcuni modi di dire popolari nel dialetto vasteseâ€, ricordava il detto “Va' a chiamà ’ lu duià vele a la grotte di la Carnarejje†("Vai a chiamare il diavolo alla grotta della Carnaria"), come consiglio dato a chi ha la volontà di diventare ricco.
Nel 1835 la tenuta fu acquistata da Giuseppe Antonio Rulli, il quale provvide a restaurare il Palazzo, a ristabilire i coloni e bonificare le paludi della zona, e grazie alla munificenza del barone Luigi Genova, morto all’età di novantadue anni, il Palazzo divenne sede dell’Orfanotrofio per orfanelle, e rimase aperto fino agli anni 1980, per poi ricadere ancora nell'abbandono in cui vige.
Palazzetto Nibio Cardone
Costruito nel 1576 si affaccia su Via Adriatica, appartenente al mercante genovese Domenico Nibio (Domenico Niggio) dove esercitava l'attività di commerciante fino alla sua morte nel 1593. Nel XVIII secolo venne adibito a caserma militare denominata "Quartiere", per poi essere acquistata dalla famiglia Cardone e divenire successivamente sede bibliotecaria e archivio comunale nel dopoguerra.
Secondo quanto riferiscono le cronache, l'edificio, nel suo periodo militare, fu dove venne composto Scura maje, canto popolare abruzzese.
Palazzo Genova-Rulli
Sito in Via Anelli nel quartiere di Porta Nuova. Originariamente struttura ospedaliera (1430), poi convento domenicano (1523) che verrà devastato dalle incursioni delle navi saracene nel 1566. Ristrutturato dai D'Avalos nel 1588, fu poi confiscato dal governo napoleonico nel 1809 e acquistato nel 1814 da Luigi Rulli di Salcito. Nel 1828 dal matrimonio tra la famiglia Rulli e Genova ebbe inizio del ramo della famiglia che da allora sarà chiamato Genova-Rulli e che diverrà intestatario del Palazzo (ora di proprietà della Curia). Il palazzo fu ristrutturato intorno al 1862 da convento a casa gentilizia dal famoso architetto locale di scuola napoletana Nicola Maria Pietrocola con originali soluzioni. È adiacente e connesso alla chiesa di Santa Filomena. Al suo interno è racchiuso un classico esempio di hortus conclusus medievale di circa 800 m².
Palazzi storici di Piazza Caprioli
- Palazzo Benedetti, costruito tra la seconda metà del 1600 e il 1700, sede del Tribunale per breve periodo e dimora di illustri famiglie vastesi, come i Caprioli, Magnacervo e Agricoletti
- Palazzo Mennini, costruzione risalente al XVI secolo. Si affaccia su Piazza Caprioli, con facciata delimitata da due larghe lesene laterali, che si dipartono da una base accennato in mattoni, e contigua al Palazzo Smargiassi, confinando con una semplice costruzione all'inizio di via Buonconsiglio. Diviso in due piani, ha il portone ad arco, che dà accesso a un grande vano, da cui si snoda sulla destra la scalinata che porta ai piani superiori. Al primo piano si aprono due finestre delimitate da un marcapiano, decorate da cornici semplici, sormontate da architravi a timpani spezzati circolari. Al piano secondario c'è una balconata protetta da inferriate su cui si prono due aperture, delimitate da cornici semplici laterali a timpani pure spezzati circolari, decorati da una serie di puntoni alla base. Le lunette degli architravi delle finestre e dei due balconi recono deboli tracce di affreschi.
- Palazzo Smargiassi, un tempo sede della Cancelleria e del Consiglio dell'Università del Vasto, dimora della famiglia meneghina degli Invitti. La costruzione, nei materiali utilizzati, risponde all'uso del cotto introdotto dai Romani, che ha trovato largo impiego per la muratura e per la copertura del tetto (coppi), nonché per la realizzazione dei pavimenti (quadroni). La muratura in mattoni risulta intonacata e scandita da modanature e tinteggiatura con colore dominante, il chiaro a decorazioni sfumate. L'elemento di connessione tra spazio esterno e intorno è costituito da un adrone a copertura di volta a botte, con archetti intermedi poggianti sulle parti laterali. Fa seguito una parte del cortile "a luce", che aveva una cisterna alimentata da impluvio, da cui si diparte la scalinata che si sviluppa, poggiando su due pilastri-colonne che sorreggono i pianerottoli di accesso alle stanze dei due piani, su calpestio originale in pietra. La facciata, contigua con Palazzo Meninni, corre per tutto l'edificio su coppi, e vi si incastonano quattro finestre riquadrate con regolarità , sormontate da timpano al primo piano, ad arco con profilo ricurvo le centrali, a sesto acuto quelle laterali
Quattro balconi soprastanti decorati da cornice a timpano in ornato simmetrico ed elegante, protetti ad artistiche ringhiere in ferro battuto decorano il tutto.
Palazzi del XVIII-XIX secolo
- Palazzo Miscione, sito in Via Pampani: è noto con questo nome per essere stato proprietà del nobile Francesco Miscione, sposo della nobildonna Filomena dei Baroni Genova. Realizzato in cotto e coppi, ha muratura intonacata e tinteggiata con il colore dominante delle'poca: grigio e chiaro. L'elemento di connessione tra spazio esterno e interno è costituito da un androne a copertura di volta a botte, con archetti intermedi poggianti sulle pareti laterali. La pavimentazione è a ciottoli a quadroni romboidali, disegnati con file dei mattoni infissi di fianco. Corre, per tutto l'edificio, il cornicione a più volute, che su via Pampani è delineato da due paraste laterali. Vi si incastonano cinque finestre, riquadrate con regolarità al primo piano ed altrettanti balconi a lieve aggetto, muniti di vetrate spesse, ornati con motivi floreali, e volute sul passamano delle ringhiere in ferro battuto. Sul piano strada si aprono il portone centrale ad arco e due simmetrici antri, pure ad arco sono altri portali destinati alle carrozze e i cavalli.
- Palazzo Ciccarone, sito in Corso Plebiscito (dove la cittadinanza votò a favore dell'Unità d'Italia): il fabbricato ricalca le linee architettoniche in voga nel Settecento, in mattone cotto. In origine apparteneva alla famiglia De Nardis e consisteva in un piano, che nel 1823 venne acquistato da Francesco Paolo Ciccarone. Il nipote Francesco descrisse il palazzo com'era prima della ristrutturazione, quando le zone dello studio, dell'appartamento nobile, il salotto verde erano adibiti a gallinaio, con accanto una cappella dedicata a San Teodoro, in omaggio al corpo che l'arcidiacono De Nardis aveva fatto venire da Roma. Il palazzo fu teatro di un avvenimento che proiettò Vasto nel contesto della proclamazione del plebiscito per l'Unità d'Italia. Infatti il 14 ottobre 1860 il marchese di Villamarina Salvatore Pes, di passaggio a Vasto per andare incontro a Vittorio Emanuele II, venne ospitato nel palazzo, e si affacciò al balcone, acclamato dalla folla, con un cappello recante la scritta SI Per l'unità nazionale.
- Palazzo del Carmine, adiacente all'omonima chiesa. Fra via Marchesani e via Fornorosso, venne costruito nel 1738 in contemporanea con la ristrutturazione della chiesa del Carmine. A seguito dell'abbattimento delle vecchie casette medievali, venne edificato questo palazzo conventuale, con incarico dei Padri Lucchesi, insediati a Vasto per volere dei Marchesi d'Avalos, affinché fosse usato come istituto d'educazione giovanile. Nel 1761 vennero aperti gli edifici adiacenti alla chiesa, i Chierici insegnavano la grammatica, la retorica, la filosofia e la dottrina cristiana. Nel 1762 il palazzo si arricchì del chiostro conventuale, oggi il cortile, nel 1809 il collegio venne soppresso, il chiostro venne destinato ad accogliere il comando della Gendarmeria, poi la scuola pubblica e uffici comunali. Negli anni '20 il palazzo venne destinato ai padri Gabriellisti di Monfort per gestire il Collegio Istonio, successivamente soppresso, perché i padri si trasferirono nell'Istituto Immacolata. Così il palazzo divenne Sede della Curia Arcivescovile: ha un aspetto settecentesco a pianta quadrangolare, di cui poco resta dell'antico convento. L'interno conserva il chiostro porticato con giardino.
- Palazzo Fanghella-Caldarelli-Michelangelo, sito tra Via Raffaello e Corso De Parma: il palazzo è di notevole interesse architettonico. Quando nel primo Novecento il Corso De Parma fu sottoposto a demolizioni e ristrutturazione di edifici, al fine di allargare la via, negli anni 1910-12, con l'ampliamento della via, l'edificio, già esistente da qualche secoli, fu sottoposto a rimaneggiamenti, con la facciata impostata in stile neoclassico. L'edificio si sviluppa con un pian terreno, un primo e secondo piano, terrazzo e sottoterrazzo, e le strutture murarie verticali sono in mattoni, mentre quelle orizzontali in archi e volte di mattoni; una parte in solaio realizzato con travi di ferro e lavelli. La facciata che guarda su Piazza L.V. Pudente, nella parte del piano terra è costituita da tre aperture architravate, mentre i piani superiori sono delineati da quattro lesene sormontate da altrettanti capitelli e integrati da un cornicione in aggetto, sorretto da sottolineature decorative. Al primo piano si aprono tre finestre architravate incorniciate da timpani triangolari ai lati e con arco al centro. Al secondo tre balconi incorniciati con timpani ad arco e triangolo al centro, tali aggetti sono in marmo, sorretti da mensole in ferro con volute. I parapetti che si affacciano sulla piazza sono in ferro battuto, e decorati a fiori intrecciati a forma di giglio. Il portone di accesso è su via Raffaello, incorniciato e archivoltato, l'accesso dalle scale è pavimentato con il marmo di Carrara.
- Palazzo Mayo, sito in Piazza Pudente. Il palazzo è stato costruito dalla nobile famiglia vastese, seconda per importanza dopo i D'Avalos, che aveva il controllo della zona di Piazza Pudente, vico Gioiosa e la zona del Palazzo Marchesale. Degli scavi hanno riportato alla luce un pavimento in cotto, segno che il palazzo fu costruito sopra un'abitazione a sua volta eretta sopra una domus romana. Nel palazzo sono nati vari eminenti membri della famiglia, come Venceslao Mayo, Nerino ed Equizio. La parte del palazzo che sta su vico Giosia è in cotto, seguendo lo stile delle classiche palazzine rinascimentali della città .
- Palazzo Palmieri, costruito nel 1856, sito in Piazza Rossetti e adiacente al Castello Caldoresco. Si tratta di uno degli edifici di più elevata architettura urbana della città . Inserito nella mole del Castello, purtroppo avendone distrutto uno dei bastioni, risalirebbe al 1439, quando era la residenza del Capitano delle Armi. Venne fatto erigere da Jacopo Caldora, passò poi in mano al suo figlio primogenito Antonio, da dove combatté i soldati di Re Ferrante d'Aragona nel 1464. Nel 1499 divenne proprietà dei d'Avalos, previa ristrutturazione totale. Nel 1816 Salvatore Palmieri lo acquistò, costruendovi un nuovo complesso civile, dotandolo di servizi, conservando però l'attuale conformazione del castello lungo il Corso Garibaldi e Piazza Diomede, dove sono i bastioni angolari. Il palazzo obbedisce ai criteri architettonici dell'epoca, con il fronte su Piazza Rossetti, con facciata in mattoni bugnati, portone di ingresso centrale e quattro aperture laterali al piano terra. Il piano superiore mostra quattro finestre, il piano sovrastante reca cinque balconi decorati con cornici e architrave a lieve aggetto, intervallati da lesene bugnate. Uguale conformazione ha la facciata su Piazza Diomede, con due balconi laterali e uno centrale, che comprende due aperture, sul lato sinistro che sta su Piazza Rossetti si estende un'altra costruzione con tre aperture al piano terra e piano rialzato, sovrastata da terrazzo su cui si erge la torre cilindrica coronata da merlature.
Palazzo Ritucci Chinni
Costruito nel ventesimo secolo dall'ex sindaco Florindo Ritucci Chinni in stile neogotico veneziano, si affaccia su Piazza Lucio Valerio Pudente a pochi metri dal Duomo di Vasto. Il palazzo è sovrapposto a un'antica costruzione medievale, offrendo un particolare effetto scenico alla veneziana: al primo piano centrale si aprono tre finestre bifore arcate con davanzale decorato. Al secondo un balcone a colonnine al centro con trifora, e ai lati due finestre bifore, a sesto acuto. Il marcapiano è decorato con elementi floreali, al terzo livello il palazzo ha un loggiato aereo con 13 finestre arcate, segnato dal marcapiano ornato. Nelle facciata laterale a destra si aprono due finestre bifore arcate con davanzale ornato, al secondo piano una balconata a colonnine su cui apre una trifora ad arco e un occhio incorniciato. Sul piano strada si apre il portone centrale, decorato da cornice a sesto acuto e quattro aperture sul bugnato semplice.
Palazzi in Stile Liberty
Risalenti al Ventennio e maggiormente presenti tra Via De Amicis, Via Asmara e Via Vittorio Veneto, nel rione di Corso Nuova Italia. Comprendono:
- Palazzo Bottari, Brindisi, Della Penna: edificato negli anni Trenta, in stile liberty. La facciata principale è su Corso Nuova Italia, mentre quella di via XXIV Maggio ha il portone di ingresso, delineato da una fascia che scandisce tutto il palazzo, rivestito in bugnato graffiato. Sulla facciata del corso, al piano terra, ci sono quattro finestre che si ripetono sulla facciata dell'altra via. Al primo piano e al secondo, sulla facciata di via XXIV Maggio si aprono due balconi laterali, e due finestre centrali, decorate con arcate semplici, quelle al centro da arcate a tutto sesto.
- Palazzo Cieri-Cavallone: realizzato negli anni '30, ha uno stile misto tra liberty e neoclassico, presentando base in bugnato chiaro, su cui si aprono nella facciata su Corso Italia, il portone di accesso e i due portoni laterali. I due piani superiori hanno due balconi laterali con aperture delimitate da timpani e delineate da un marcapiano a lieve aggetto. La facciata su via Asmara presenta due balconi laterali, con apertura sormontata da timpano e due finestre centrali, sempre sormontate da timpani; al piano terra due finestre sotto due balconi e due aperture centrali. L'edificio è rivestito in mattoni rossi, decorato da paraste angolari con marcapiano e marcadavanzale delimitato da fascia aggettante.
- Palazzo De Sanctis: costruito su progetto di Antonio Izzi, venne costruito nel 1926-29, con vista su Corso Italia. Nella facciata si aprono nei due piani, tre balconi alternati da una finestra, decorati da colonnine soprastanti con timpani ed arco nel primo piano, e a triangolo nel piano superiore. Il marcapiano, nel primo e secondo livello, è decorato con motivi floreali. Due lesene laterali sono realizzate in bugnato semplice, uguale conformazione nelle fasce laterali dello stabile. Al piano terra, oltre al portone centrale, quattro aperture per le attività commerciali, con fasce in bugnato.
- Palazzo Martella: si affaccia su Corso Italia, costruito nel 1933-35 su progetto di Giuseppe Peluzzo da Vincenzo La Palombara. L'edificio è rivestito da intonaco graffiato che imita il travertino. Sulla facciata che dà su Corso Italia, al piano terra, si apre, il portone principale al centro, e due aperture laterali con decorazione ad arco a tutto sesto in fasce bugnate. Motivi che ripetono sulla facciata di via IV Novembre. Al primo e secondo piano si aprono, rispettivamente, al centro un balcone decorato con cornice ed arco inferriate di protezione, ed ai lati due balconi laterali su cui ci sono due finestre dei piani. Nella facciata laterale a destra si aprono finestre decorate con cornici ad arco.
- Palazzo Melle-Molino: costruito nel 1929 presenta elementi decorativi unici nel suo genere, rispetto ai fabbricati adiacenti della stessa epoca. Venne progettato dall'ingegnere A. Saraceni di Palmoli in un unico blocco sormontato da una torretta adiacente su via Asmara. Il corpo centrale ha due balconi con colonne e due finestre decorate con lievi timpani. La torretta ha tre piani con relativi balconi e colonne trifore delimitati da lesene laterali, sormontate da decorazioni a festoni floreali. La parte laterale ha due finestre per piano timpanate e leve aggetto anche sul davanzale.
- Politeama Ruzzi: sito in Corso Nuova Italia. Risale al 1931. Una ristrutturazione ha danneggiato l'interno. Durante il ventennio fascista fu edificato il quartiere di Corso Nuova Italia sito fuori del centro storico di Vasto. Il progetto iniziale è del 1906 poi realizzato nel 1924. Molti edifici che si affacciano sul corso alcuni sono in stile neoclassico altri in stile liberty. Il Politeama doveva avere funzioni sociali e culturali oltre che ospitare le riunioni del Partito Nazionale Fascista. Il primo progetto fu disegnato dall'ingegnere Antonio Izzi nel 1927 con linee curve, motivi floreali e le vetrate con bifore e trifore secondo lo stile dell'Art Nouveau. La facciata ha un portico con cinque arcate. Sulle chiavi di volta degli archi a tutto sesto sono incise le iniziali del commissionario Giovanni Ruzzi. Nei piani superiori le lesene hanno varie decorazioni. Alcuni punti dell'architettura richiamano l'accademismo tardo-ottocentesco, ed alcune decorazioni, oltre alla su citata Art Nouveau, allo stile della secessione viennese.
- Palazzo Tenaglia: la costruzione risale agli anni '30, ricalcante lo stile degli altri edifici. La facciata principale al piano terra ha quattro aperture decorate con cornici culminanti ad arco a tutto sesto, con intonaco bugnato. Il marcapiano segna il primo piano decorato con motivi floreali, con due balconi laterali, al primo piano e al secondo, e al centro due finestre; tre finestre sono nel blocco laterale. Una cornice a lieve aggetto sorregge il cornicione del tetto sostenuto da pilastri.
- Palazzo Vicoli: è stato costruito all'inizio degli anni '30 su Corso Italia, lungo circa 30 metri, intervallato da una tripartizione di lesene bugnate lisce, con suddivisione di paraste incorniciate. S u due piani, lungo il corso, si aprono quattro balconi intervallati da doppie finestre separate da lesene bugnate al primo piano, sormontate da timpani a sesto acuto, al piano terra si prono apertura a forma di edicole. La facciata laterale ha tre finestre segnate dal marcapiano.
Fanno eccezione Palazzo Florio, sito in Piazza Diomede e Palazzo Miscione, in Via Leopardi.
- Il Palazzo Florio: si trova in Piazza Diomede, e appare inserito, alto e stretto, in un blocco di costruzione della stessa altezza, ma piuttosto scadenti. L'immobile è stato restaurato, con risalto dei colori che seguono le decorazioni delle due lesene laterali a tutto altezza, scanalate nella parte superiore con bugnati nella parte inferiore fino al primo piano che richiamano un certo manierismo decorativo. Le due lesene sormontate nella parte alta da due capitelli, proseguono per sorreggere un cornicione in lieve aggetto. Gli elementi liberty risaltano le due finestre architravate a cornici lineari al primo piano, protette da un davanzale poggiato sul marcapiano, protetto da colonnine, Sul balcone del secondo livello si aprono due luci con ornati a cornice architravate, con timpani triangolari.
- Campo d'internamento di Villa Marchesani - Pensione Ricci:
Erano siti nella Villa Santoro (ex Villa Marchesani) in Via A. Marchesani e nell'albergo Ricci (Ex Villa Ricci) in Corso Zara entrambi a Vasto Marina.
I campi di concentramento di Vasto Marina risalgono all'11 giugno 1940 e su richiesta delle autorità militari ne fu chiesta la chiusura per prevenire atti di spionaggio nell'agosto 1943, ma nell'armistizio dell'8 settembre 1943 era ancora funzionante per alcuni prigionieri slavi, comunque dovette funzionare fino alla fine del mese.
Il direttore, fino al 16 agosto del 1943, era Giuseppe Prezioso, sostituito in seguito dal vice commissario aggiunto di polizia di stato Giuseppe Geraci (ambedue poi ricercati dalla Jugoslavia per crimini insieme a Fabiano Pisticci). Come sorveglianti vi furono 12 carabinieri e come assistente sanitario vi fu Nicola D'Agostino. Furono occupati 181 posti su una capienza preventivata di 170 persone, tuttavia, su una precedente nota del 27 aprile 1940 viene affermato che la capienza stimata sia di 480 persone.
I vari prigionieri nel campo erano antifascisti ed italiani ritenuti pericolosi. Da luglio ad ottobre del 1940 fu confinato Giuseppe Scalarini, a cui nel gennaio 2012 la città ha dedicato un'importante mostra alla Pinacoteca di Palazzo d'Avalos. Tuttavia non mancano gli ebrei o persone di origine ebraica come il dottor Herman Datyner, ebreo di nazionalità polacca, che fu trasferito in questa prigione da Casoli. In seguito vi furono trasferiti anche vari slavi.
Mauro Venegoni ed Angelo Pampuri sono stati trasferiti nella colonia delle Tremiti nel gennaio 1941 per atti sovversivi scoperti dal direttore tramite una segnalazione di alcuni internati. Rodolfo Pellicella detto Leonin, operaio antifascista fu trasferito a Ventotene per aver rivolto delle parole, con un tono di voce, accompagnate da una gesticolazione, rivolte a dei carabinieri ritenute canzonatorie. Dopo la Caduta del fascismo (25 luglio 1943) il Ministero dell'Interno, per mancanza di posti liberi in altri campi di concentramento, fa trasferire i prigionieri ritenuti più pericolosi fino alla chiusura avvenuta nel settembre successivo.
Anfiteatro
costruito nel 1970 sul tetto del palazzo che ospita l'Agenzia per la Promozione Culturale di Vasto , fu progettato dall'architetto Paolo Portoghesi che ne disconobbe in seguito la paternità .
Architetture militari
Castello Caldoresco
Il Castello Caldoresco è sito su un promontorio che domina la costa. È arricchito da bastioni agli angoli. La parte originaria risale al XIV-XV secolo con trasformazioni attuate nel 1439 da Giacomo Caldora forse nella parte esterna. Nel XV secolo il precedente palazzo venne trasformato in castello dai d'Avalos. Altre trasformazioni sono state fatte da Cesare Michelangelo d'Avalos nel XVIII