che lo trasformò in dimora principesca, e lo arricchì di oggetti d'arte. Alla morte del marchese, l'edificio cadde in abbandono. la proprietà passò in eredità prima ad Antonio Tiberi , poi fu venduta il 7 giugno 1820 a Giuseppantonio Rulli . Agli inizi dell'Ottocento il complesso, risulta composto da 21 vani al piano terra e 14 ai piani superiori, con una torre e la chiesetta Madonna di Costantinopoli.Passato in eredità alla figlia Giacinta Rulli sposata Sabelli che lo rivendette. Il complesso , riscattato dall'enfiteusi nel 1877 dalla duchessa Maria Teresa Cestari zia di Ortensia D'Avalos la quale, senza eredi, lo donò segretamente alla nipote Ortensia, moglie di Giovanni Quarto di Belgioioso, il quale affiderà il complesso ad un amministratore: Avveduto Bartoli Avveduti. Nel 1897 quest'ultimo qui ebbe una figlia, Maria Antonietta Bartoli Avveduti in arte Elena Sangro, che divenne diva del cinema muto, compagna di Gabriele D'Annunzio. Nel 1922 il complesso venne venduto a Umberto Mariani e a sua moglie Giulia Zaccagnini,ricchissimi emigrati di ritorno dall'America, che lo modificarono aggiungendo nuovi corpi. Gli spazi oggi utilizzati come sale espositive e centro culturale sono gli stessi nei quali negli anni '50 stavano i laboratori della lavorazione dei tabacchi. Sono stati denominati "Scuderie di Palazzo Aragona", in onore del Duca di Belgioioso, noto appassionato di cavalli, e in memoria dell'antico impiego del luogo della stazione della posta. Qui vi è una mostra che ricorda la cerimonia del Toson d'Oro del 1723.

Questo palazzo ospitò anche la sede dell'osservatorio meteorologico di Vasto dal 1892 al 1898 (con la direzione del dott. Alfonso Travaglini). Fonte: Alfredo Polsoni "Ricerche sui principali elementi del clima di Vasto", tipografia Zaccagnini e Lattanzio 1914.

Palazzo D'Avalos

Il palazzo è stato costruito da Giacomo Caldora, come attesta il primo documento che parla di questo palazzo: è un documento del 1427 che stabilisce un risarcimento dello stesso Giacomo Caldora a dei frati, per poi essere in seguito proprietà dei d'Avalos, che non lo utilizzarono mai come residenza.

Durante l'invasione turca fu messo a ferro e fuoco da Piyale Pascià a causa dell'assenza dei proprietari.

Il Palazzo consta di cortile e giardino, di cui il giardino è stato recentemente restaurato, e due livelli con tratti neoclassici sulle finestre. Poco o nulla rimane del suo aspetto originario, così come dell'antico teatro al suo interno.

Attualmente è sede museale archeologica, del costume e della pinacoteca. La sezione archeologica ospita statue femminili, teste di Afrodite, Eros, Zeus e Sileno, oltre una serie di statuine bronzee, tutte raffiguranti la figura di Eracle. La Pinacoteca contiene un settore dedicato alla pittura contemporanea ed in particolare a quella dell'800, in cui si possono ammirare opere di Filippo Palizzi, Valerio Laccetti, Francesco Paolo Michetti, tutti artisti abruzzesi e Giulio Aristide Sartorio.

Palazzo della Penna

La sua costruzione avvenne grazie ad Innico III d'Avalos, che si era insediato in città insieme alla cugina Isabella d'Avalos, nella spianata a nord del centro abitato, in prossimità del torrente Lebba e della sua valle, conclusa tra il 1615 (fabbricato principale) e il 1621.

Il Palazzo ha pianta quadrata, fortificata agli spigoli da quattro baluardi, un cortile spazioso, ampie sale, semicircondata da un recinto anch’esso protetto agli spigoli da bastioni e comprensivo di una serie di fabbriche adibite a locali di servizio. Arredato con eleganza, il Palazzo fu frequentemente abitato sia dal suo fondatore, che dai suoi figli, Ferrante e Diego.

Il 20 giugno 1711 venne saccheggiato dai turchi e il 25 febbraio 1713 divenne proprietà del nipote di Innico, Don Cesare Michelangelo d'Avalos, in ritorno a Vasto dopo 12 anni di esilio politico. Questo dominio segnò il periodo di maggior splendore nella storia del Palazzo che, restaurato ed abbellito, ospitò molti personaggi del Regno che si fermavano nella città, come il Connestabile Fabrizio Colonna, che venne a Vasto per ricevere il collare dell’Ordine del Toson d'oro e fu ospite per tre volte nel Palazzo.

Con la morte del Marchese nel 1729, il Palazzo cadde nell’abbandono più totale, diventando luogo malsano e solitario, intorno alla quale la fantasia popolare intrecciò storie paurose di diavoli e streghe. Da qui, probabilmente anche la nascita del nome di "Palazzo dei Cento Diavoli", perché secondo la leggenda in una notte spuntarono i tredici comignoli, oltre alle storie nate intorno alla famosa "Grotta della Carnaria" dove volontà popolare voleva abitasse un diavolo, ed al tunnel che probabilmente la collegava al Palazzo.

Luigi Anelli, nel suo volume “Origine di alcuni modi di dire popolari nel dialetto vastese”, ricordava il detto “Va' a chiamà’ lu duiàvele a la grotte di la Carnarejje” ("Vai a chiamare il diavolo alla grotta della Carnaria"), come consiglio dato a chi ha la volontà di diventare ricco.

Nel 1835 la tenuta fu acquistata da Giuseppe Antonio Rulli, il quale provvide a restaurare il Palazzo, a ristabilire i coloni e bonificare le paludi della zona, e grazie alla munificenza del barone Luigi Genova, morto all’età di novantadue anni, il Palazzo divenne sede dell’Orfanotrofio per orfanelle, e rimase aperto fino agli anni 1980, per poi ricadere ancora nell'abbandono in cui vige.

Palazzetto Nibio Cardone

Costruito nel 1576 si affaccia su Via Adriatica, appartenente al mercante genovese Domenico Nibio (Domenico Niggio) dove esercitava l'attività di commerciante fino alla sua morte nel 1593. Nel XVIII secolo venne adibito a caserma militare denominata "Quartiere", per poi essere acquistata dalla famiglia Cardone e divenire successivamente sede bibliotecaria e archivio comunale nel dopoguerra.

Secondo quanto riferiscono le cronache, l'edificio, nel suo periodo militare, fu dove venne composto Scura maje, canto popolare abruzzese.

Palazzo Genova-Rulli

Sito in Via Anelli nel quartiere di Porta Nuova. Originariamente struttura ospedaliera (1430), poi convento domenicano (1523) che verrà devastato dalle incursioni delle navi saracene nel 1566. Ristrutturato dai D'Avalos nel 1588, fu poi confiscato dal governo napoleonico nel 1809 e acquistato nel 1814 da Luigi Rulli di Salcito. Nel 1828 dal matrimonio tra la famiglia Rulli e Genova ebbe inizio del ramo della famiglia che da allora sarà chiamato Genova-Rulli e che diverrà intestatario del Palazzo (ora di proprietà della Curia). Il palazzo fu ristrutturato intorno al 1862 da convento a casa gentilizia dal famoso architetto locale di scuola napoletana Nicola Maria Pietrocola con originali soluzioni. È adiacente e connesso alla chiesa di Santa Filomena. Al suo interno è racchiuso un classico esempio di hortus conclusus medievale di circa 800 m².

Palazzi storici di Piazza Caprioli

Palazzi del XVIII-XIX secolo

Palazzo Ritucci Chinni

Costruito nel ventesimo secolo dall'ex sindaco Florindo Ritucci Chinni in stile neogotico veneziano, si affaccia su Piazza Lucio Valerio Pudente a pochi metri dal Duomo di Vasto. Il palazzo è sovrapposto a un'antica costruzione medievale, offrendo un particolare effetto scenico alla veneziana: al primo piano centrale si aprono tre finestre bifore arcate con davanzale decorato. Al secondo un balcone a colonnine al centro con trifora, e ai lati due finestre bifore, a sesto acuto. Il marcapiano è decorato con elementi floreali, al terzo livello il palazzo ha un loggiato aereo con 13 finestre arcate, segnato dal marcapiano ornato. Nelle facciata laterale a destra si aprono due finestre bifore arcate con davanzale ornato, al secondo piano una balconata a colonnine su cui apre una trifora ad arco e un occhio incorniciato. Sul piano strada si apre il portone centrale, decorato da cornice a sesto acuto e quattro aperture sul bugnato semplice.

Palazzi in Stile Liberty

Risalenti al Ventennio e maggiormente presenti tra Via De Amicis, Via Asmara e Via Vittorio Veneto, nel rione di Corso Nuova Italia. Comprendono:

Fanno eccezione Palazzo Florio, sito in Piazza Diomede e Palazzo Miscione, in Via Leopardi.

Erano siti nella Villa Santoro (ex Villa Marchesani) in Via A. Marchesani e nell'albergo Ricci (Ex Villa Ricci) in Corso Zara entrambi a Vasto Marina.

I campi di concentramento di Vasto Marina risalgono all'11 giugno 1940 e su richiesta delle autorità militari ne fu chiesta la chiusura per prevenire atti di spionaggio nell'agosto 1943, ma nell'armistizio dell'8 settembre 1943 era ancora funzionante per alcuni prigionieri slavi, comunque dovette funzionare fino alla fine del mese.

Il direttore, fino al 16 agosto del 1943, era Giuseppe Prezioso, sostituito in seguito dal vice commissario aggiunto di polizia di stato Giuseppe Geraci (ambedue poi ricercati dalla Jugoslavia per crimini insieme a Fabiano Pisticci). Come sorveglianti vi furono 12 carabinieri e come assistente sanitario vi fu Nicola D'Agostino. Furono occupati 181 posti su una capienza preventivata di 170 persone, tuttavia, su una precedente nota del 27 aprile 1940 viene affermato che la capienza stimata sia di 480 persone.

I vari prigionieri nel campo erano antifascisti ed italiani ritenuti pericolosi. Da luglio ad ottobre del 1940 fu confinato Giuseppe Scalarini, a cui nel gennaio 2012 la città ha dedicato un'importante mostra alla Pinacoteca di Palazzo d'Avalos. Tuttavia non mancano gli ebrei o persone di origine ebraica come il dottor Herman Datyner, ebreo di nazionalità polacca, che fu trasferito in questa prigione da Casoli. In seguito vi furono trasferiti anche vari slavi.

Mauro Venegoni ed Angelo Pampuri sono stati trasferiti nella colonia delle Tremiti nel gennaio 1941 per atti sovversivi scoperti dal direttore tramite una segnalazione di alcuni internati. Rodolfo Pellicella detto Leonin, operaio antifascista fu trasferito a Ventotene per aver rivolto delle parole, con un tono di voce, accompagnate da una gesticolazione, rivolte a dei carabinieri ritenute canzonatorie. Dopo la Caduta del fascismo (25 luglio 1943) il Ministero dell'Interno, per mancanza di posti liberi in altri campi di concentramento, fa trasferire i prigionieri ritenuti più pericolosi fino alla chiusura avvenuta nel settembre successivo.

Anfiteatro

costruito nel 1970 sul tetto del palazzo che ospita l'Agenzia per la Promozione Culturale di Vasto , fu progettato dall'architetto Paolo Portoghesi che ne disconobbe in seguito la paternità.

Architetture militari

Castello Caldoresco

Il Castello Caldoresco è sito su un promontorio che domina la costa. È arricchito da bastioni agli angoli. La parte originaria risale al XIV-XV secolo con trasformazioni attuate nel 1439 da Giacomo Caldora forse nella parte esterna. Nel XV secolo il precedente palazzo venne trasformato in castello dai d'Avalos. Altre trasformazioni sono state fatte da Cesare Michelangelo d'Avalos nel XVIII