Vasto (anche Il Vasto, Lu Uà šte in dialetto vastese) è un comune italiano di 40 866 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo.
Ha origine nel XII secolo a.C. in cui le prime popolazioni greche, illiriche e frentane si stanziarono in quello che poi diventerà nel 91 a.C. il Municipio romano di Histonium, importante borgo marinaro e porto dell'Adriatico fino alla sua distruzione da parte dei Longobardi nel Medioevo.
Ricostruita come roccaforte durante la signoria dei Caldora, fu coinvolta dagli eventi bellici della conquista aragonese del regno di Napoli. In questo contesto storico venne infeudata dapprima ai Guevara e successivamente ai D'Avalos. Come il resto del regno, passò sotto il controllo della corona spagnola agli inizi del XVI secolo. La cittadina acquistò una certa importanza a partire dal XVII secolo, quando Innico III d'Avalos ne fece il centro dei possedimenti della famiglia D'Avalos. Con il passaggio del regno di Napoli sotto la sovranità austriaca in seguito alla guerra di successione spagnola si ebbe l'elevazione della cittadina al rango di Città nel 1710 per concessione di Carlo III a Cesare Michelangelo d'Avalos. Alla fine del XVIII secolo la città vide la proclamazione della Repubblica Vastese parallelamente alla nascita della Repubblica Napoletana.
Il nome in greco antico era Ἱστόνιον, (Histónion) per indicare il promontorio sopra il mare dove si trova la città . Venne romanizzato poi in HistÅnium quando divenne municipio romano.
La denominazione attuale di "Vasto" deriva dal termine longobardo "gasto" o "guasto" (gastaldato), suddivisione del territorio durante la dominazione longobarda (iniziata nell'ultimo quarto del VI secolo). La città medievale infatti sorse con il Guasto d'Aimone di Dordona, che fondò due città (guasti), ovvero "Guasto d'Aymone" e "Guasto Gisone", uniti in un solo nucleo nel XIV secolo.
In base al dialetto locale che esclude la "b" e la "g", riducendo la pronuncia con la sostitutiva "v", il nome è diventato quello che conosciamo.
Il nome Vasto è maschile e storicamente vuole un articolo (Il Vasto), al pari di pochi altri nomi di città nel mondo come Il Cairo e Il Pireo.
Sebbene l'uso dell'articolo si sia fatto infrequente, esso è corretto, rimane obbligatorio nelle espressioni storiche e giustifica la forma "Città del Vasto".
Il comune di Vasto è delimitato a nord dal fiume Sinello (confine con Casalbordino), a sud dal torrente Buonanotte (confine naturale con San Salvo), a ovest dai confini con i comuni di Cupello, Pollutri e Monteodorisio e a est dal Mare Adriatico.
Con una superficie di 71,35 km² è il terzo comune per estensione territoriale della provincia (27º a livello regionale).
Il centro cittadino, la parte più antica della municipalità , sorge su un promontorio a 144 m s.l.m. e distante in linea d'aria dal mare meno di 1 km. Questa caratteristica permette alla città di godere di un belvedere sulla maggior parte dei 20 km di costa (di cui 7 composti da arenile e 13 da scogliera), di cui fa parte il golfo di Vasto, unica insenatura costiera del Mare Adriatico tra il golfo di Ancona a nord e quello di Manfredonia a sud.
In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a 7,1 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di 24,9 °C.
In base alla media trentennale di riferimento (1961-1990), la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a 7,7 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di 24,6 °C.
La leggenda vuole che la città fosse stata fondata dall'eroe greco Diomede durante il suo peregrinare in Italia, parallelamente alle altre città frentane della Costa dei Trabocchi intorno al 1179 a.C.
Le prime notizie ufficiali, tuttavia, si hanno dal geografo Strabone, da Plinio il Vecchio e da Tito Livio. Altre ricostruzioni storiche sulle origini della città si hanno da Muzio Febonio, il quale parla di colonie marse presso lo scalo portuale di Punta d'Erce, e successivamente da Luigi Marchesani, che scrisse la storia monumentale della città (1838).
Vasto nacque non proprio come città , ma come un insieme di piccoli villaggi sulla costa adriatica, come dimostrano i ritrovamenti di Punta Aderci, Buca e Punta Penna. Tali villaggi furono abitati sino al XVI secolo, e successivamente per sconvolgimenti naturali (frane e incursioni) caddero in distruzione, mentre con l'arrivo degli Italici osco-umbri, dal VII secolo circa veniva creata la cittadella vera e propria di Histonion (che tuttavia non aveva un impianto vero e proprio, e veniva descritta, all'epoca augustea, come un "covo di pirati"), romanizzata poi in Histonium dopo la conquista dell'88 a.C., dato che anche la città partecipò alla lega Italica durante la guerra sociale contro Roma.
Durante il dominio romano, Histonium fu il secondo principale porto della popolazione Frentana, dopo Ortona: si hanno testimonianze di consoli e importanti figure che furono al seguito di Augusto nelle campagne di conquista, nonché si ricorda ancora oggi la figura del poeta decorato d'alloro Lucio Valerio Pudente, di cui però si è perduta l'opera.
I ritrovamenti già scoperti nella metà dell'Ottocento, descritti dal Marchesani, testimoniano l'antico impianto urbano di Histonium, sopra cui oggi sorge il quartiere del Guasto d'Aimone (dal nome del signore franco feudatario, che la conquistò e la ricostruì nel IX secolo); tale impianto era scandito in assi ortogonali, oggi occupati dalle vie attuali di Corso Dante, Corso Plebiscito, via Laccetti, via San Francesco, via Anelli, via Barbarotta, Corso Palizzi, via San Pietro, sono stati ritrovati numerosi fondaci romani ad opus reticulatum sopra cui sorgono le case attuali, verso nord invece, lungo il viale Incoronata, si trovava la necropoli, e l'acquedotto del Murello, che convogliava le acque da nord fino alla Piazza Rossetti (dove si trovava l'anfiteatro) e alla via Adriatica (anticamente strada delle Lame, dove si trovano, presso la chiesa di Sant'Antonio, le terme romane), mentre il secondo "delle Luci", conduceva le acque da sud, partendo da contrada Sant'Antonio abate, fino a Largo Santa Chiara, dove si trovano delle cisterne sotterranee.
Histonium, come gli altri centri abruzzesi, inclusa da Augusto nella Regio IV del Sannio, dal V secolo d.C. fu saccheggiata diverse volte dai Barbari, e infine occupata dai Franchi di Aimone di Dodona, che la distrusse nei primi anni dell'800 d.C., all'epoca della distruzione di Chieti da parte di Pipino il Breve. La città romana venne rifatta sopra le antiche rovine, mentre sopra uno sperone collinare posto più a sud, dietro l'anfiteatro, veniva costruito il nuovo quartiere del Guasto Gisone. Il toponimo "Guasto" comparve nei documenti intorno al VI-VII secolo, quando i Longobardi crearono un gastaldato in città , ossia una proto-provincia per l'amministrazione cittadina e territoriale.
Oltre al Guasto Gisone (oggi rione di Santa Maria Maggiore), venne eretto il primo fortilizio militare posto nella piana cerniera tra le due città , che nel XV secolo diventerà il noto castello Caldoresco.
Le due città continuarono ad essere amministrate da due sindaci sino al 1385, quando durante il regno dei Durazzo a Napoli, i due "Guasti" divennero una sola università . Nel 1269 Carlo I d'Angiò infeudò Vasto a Tommaso Fasanella suo cadetto; durante il governo di suo figlio Carlo II, si hanno le prime notizie del Palazzo d'Avalos, costruito lungo via Corsea, che divideva i due rioni storici di Aimone e Gisone. Dal periodo angioino fino a quello caldoresco, Vasto rimase nel regio demanio, venendo esentata dal pagamento delle tasse; nel 1366 Vasto entrò coi feudi nel potere di Maria d'Angiò.
Nel 1427 Vasto entrò nei vasti domini del capitano Jacopo Caldora, appena uscito vittorioso dalla guerra dell'Aquila contro Braccio da Montone (1424), ultimo atto di una serie di guerre di successione della corona napoletana durante il regno di Giovanna II d'Angiò contro il pretendente Alfonso V d'Aragona. Il Caldora fece di Vasto la sua speciale residenza, rifacendo completamente il castello fortificato, che oggi porta il suo nome. Il feudo passò poi al figlio Antonio, che però lo perse insieme a tutti gli altri possedimenti abruzzesi nel 1442, in seguito alla sconfitta patita nella battaglia di Sessano. Per un breve periodo (fino al 1444) la città di Vasto tornò dunque al demanio regio.
Se Vasto durante il Medioevo fu un valido presidio militare del Regno di Napoli, lo divenne ancora di più con l'avvento della Corona d'Aragona, che fece erigere un altro castello presso la piana di San Michele. La città abruzzese venne concessa alla famiglia dei Guevara nella persona di Innico de Guevara nel 1444, ricadendo nel demanio regio nel 1462, alla morte di Innico de Guevara. Dopo la vittoria nella battaglia di Troia il sovrano Ferdinando I di Napoli poté concentrare le sue forze per debellare le ultime forze a lui ostili rimaste nel regno di Napoli. Tra le forze ribelli vi era Antonio Caldora, schieratosi con Giovanni II d'Angiò nella guerra per il controllo del regno, il quale aveva occupato Vasto nel 1464. Dopo un assedio di tre mesi alcuni esponenti del patriziato vastese complottarono con gli aragonesi per consegnare ad essi il Caldora e aprire le porte della città . L'azione ebbe esito positivo e Ferrante ricompensò l'azione con la conferma dei privilegi concessi da Alfonso V, in particolare lo status di universitas nel regio demanio. Pochi anni dopo, nel 1471, Vasto venne tuttavia nuovamente infeudata ad un Guevara, ovvero il figlio primogenito di Innico, Pietro. Ritornò nuovamente nel demanio regio nel 1486 quando Pietro venne dichiarato decaduto dai suoi titoli in quanto ribelle, avendo partecipato alla congiura dei baroni. Sotto Ferdinando II di Napoli Vasto venne infeudata nel 1496 a Rodrigo d'Avalos (figlio di Innico I d'Avalos, conte di Monteodorisio, e di Antonella d'Aquino), il quale era tuttavia morto prima di poterne prendere possesso. Il fratello minore di questi, Innico II d'Avalos, fu quindi investito del titolo di marchese del Vasto da Federico I di Napoli nell'agosto del 1497. L'università del Vasto tuttavia vantava la perpetua demanialità e si oppose al nuovo signore. Solamente l'intervento diretto del re due anni dopo, che concesse un indulto e alcuni capitoli favorevoli, sbloccò definitivamente la situazione.
Nel 1566 la città fu attaccata e furono dati alle fiamme numerosi edifici , chiese e conventi , dai turchi dell'impero ottomano
I d'Avalos rimasero signori feudali di Vasto sino ai primi anni dell'800, ovvero sino alla promulgazione delle leggi eversive della feudalità nel 1806 da parte del Regno di Napoli, retto all'epoca da Giuseppe Bonaparte. Dopo la morte di Innico II, il marchesato del Vasto passò al figlio di questi, il celebre militare Alfonso III d'Avalos. Ad Alfonso seguirono il figlio, Francesco Ferdinando d'Avalos (che avrebbe ricoperto le cariche di governatore nel Ducato di Milano e Viceré di Sicilia) e il nipote Alfonso Felice d'Avalos, celebre condottiero. Con la morte di quest'ultimo senza eredi maschi, il titolo di marchese del Vasto passò a un ramo collaterale della famiglia, facente capo a Innico III d'Avalos, il quale lo acquisì in seguito al matrimonio con Isabella d'Avalos d'Aquino d'Aragona, figlia primogenita di Alfonso Felice. Tale ramo della famiglia resse il marchesato di Vasto sino alla morte del più noto dei suoi esponenti, Cesare Michelangelo d'Avalos, avvenuta nel 1729. Con la morte di Cesare Michelangelo il marchesato di Vasto passa al ramo pugliese dei d'Avalos, il quale si estinguerà con Alfonso d'Avalos (noto principalmente per suo lascito al museo di Capodimonte di Napoli noto come Collezione d'Avalos).
Durante il periodo della signoria dei d'Avalos la sede del potere fu il palazzo D'Avalos, posto a fianco della chiesa di Sant'Agostino (oggi il Duomo). Venne attuato ad opera dei d'Avalos, in particolare a partire da Innico III, il primo esponente della famiglia a risiedere stabilmente nella cittadina abruzzese, un vasto programma di miglioramento urbano, culturale, politico ed economico, che vide i suoi frutti soprattutto durante la ricostruzione della città . Vasto era stata interessata nell'estate del 1566, insieme ad altre località della costa adriatica, da una devastante scorreria ottomana condotta dall'ammiraglio Piyale Paşa. Vasto venne saccheggiata ed incendiata e, ad eccezione del castello Caldoresco, le principali strutture tra cui la chiesa di Santa Maria Maggiore, San Pietro, Sant'Agostino, ed il palazzo d'Avalos vennero gravemente danneggiate.
Tra le opere di maggior rilievo portate a compimento dai d'Avalos ci sono l'istituzione della Confraternita del Carmine dei Padri Lucchesi come istituto religioso di educandato per giovani, avente sede nell'attuale chiesa di Santa Maria del Carmine (realizzata nel 1638 con finanziamento di don Diego I d'Avalos) con annesso palazzo collegiale (oggi seconda sede vescovile della diocesi), la costruzione della chiesa dei Padri Paolotti o dell'Addolorata, il miglioramento delle mura delle Lame.
Fiorirono anche le arti, come la musica e la poesia, il personaggio di maggior spicco nato a Vasto fu il compositore di musica sacra "Lupacchino" del Vasto.
I d'Avalos si adoperarono anche per portare in città alcune reliquie di gran pregio, come la "Sacra Spina" della corona che cinse il capo di Cristo, conservata a Santa Maria Maggiore, donata da Filippo II di Spagna a don Francesco Ferdinando d'Avalos, suo delegato presso il Concilio di Trento (1545-1563), e il corpo di San Teodoro, che fu il primo patrono di Vasto, prima di essere sostituito dall'Arcangelo Michele nel 1837.
Un ulteriore forte impulso volto ad abbellire e conferire prestigio a Vasto si ebbe con Cesare Michelangelo d'Avalos, il quale cercò, di ritorno dal suo esilio viennese nel 1713, di trasformare la cittadina abruzzese, centro dei suoi domini, in una piccola ma sfarzosa corte.
Andando più avanti, nel 1799 la città venne occupata dalle truppe francesi del generale Louis Lemoine. In seguito a tale rivolgimento salì al potere la fazione dei cosiddetti "municipalisti" (costituita perlopiù da elementi del notabilato locale di orientamento liberale e filo-francese) e venne piantato l'albero della libertà in Piazza, cui seguì il 6 gennaio la proclamazione della repubblica Vastese. Il breve periodo di questo nuovo sistema amministrativo ispirato ai principi liberali francesi, fu caratterizzato da episodi tutt'altro che positivi, con un governo provvisorio sempre sul rischio di essere sciolto e in enormi difficoltà economiche a causa delle requisizioni francesi, episodi di anarchia e violenza popolare, e di delitti e furti contro i notabili locali.
Ben presto, il 19 maggio, le truppe sanfediste del generale Giuseppe Pronio, favorito nell'Abruzzo dallo stesso re Ferdinando IV, sbaragliarono le forze francesi, ripristinando l'antico governo e perseguitando i liberali, sottoponendoli ad esazioni e violenze arbitrarie.
Nel primo Ottocento, fiorì a Vasto la figura del poeta Gabriele Rossetti, uno dei primi "dantisti" della critica letteraria; egli, rimasto colpito dalle vicende della repubblica Vastese, fu educato negli studi classici, e ben presto, durante le vicende che coinvolsero tutto il Paese, ossia i moti del 1820-21, anche il Rossetti partecipò a sollevare il popolo con delle sue poesie, che gli costarono l'esilio a Londra. In questo periodo a Vasto sorsero movimenti carbonari, che vennero sciolti e perseguitati dalla polizia borbonica. Nel 1819 venne inaugurato il "Real Teatro Borbonico San Ferdinando" (oggi Teatro Rossetti) alla presenza del sovrano di Napoli; esso fu ricavato da ciò che rimaneva del trecentesco monastero di Santo Spirito dei Celestini. La città del Vasto fu coinvolta anche nei moti rivoluzionari del 1848, e infine nel 1860 fu una della prime dell'Abruzzo a istituire un plebiscito popolare per l'annessione della città al nuovo Regno d'Italia.
Nuovo respiro all'arte locale fu dato dai pittori locali Gabriele Smargiassi e dai fratelli Palizzi: Filippo Palizzi (1818-1899), Giuseppe Palizzi (1812-1888) e Francesco Paolo Palizzi (1825-1871), i quali interpretarono personalmente lo stile del verismo pittorico, con rappresentazioni naturali, scene contadine, mitologiche e storiche, dei quali l'opera maggiore è Dopo il Diluvio di Filippo (1863), dipinto in onore della proclamazione del Regno, dedicato a re Vittorio Emanuele II.
La città iniziò a beneficiare dei frutti dell'annessione, come la creazione di una rete ferroviaria per i trasporti, l'ammodernamento delle strade, migliorie al porto di Punta Penna, e alla costruzione del villaggio sottostante della Marina. Miglioramenti ci furono anche durante il primo Novecento, soprattutto durante l'epoca del fascismo. La Piazza Rossetti ad esempio venne rifatta completamente, con un monumento commemorativo al poeta vastese, soprannominato il "Tirteo d'Italia", e la realizzazione di un nuovo struscio cittadino, ossia il Corso Italia.
Durante la prima guerra mondiale furono 232 i cittadini vastesi caduti in battaglia.
Dal 1938 al 1944 la città , seguendo precisi schemi fascisti del ripristinare gli antichi toponimi romani, cambiò il suo nome in "Istonio".
Le vicende della seconda guerra mondiale interessarono Vasto con l'istituzione di un campo di prigionia di ebrei e dissidenti politici presso la Marina, nel Villino Marchesani, che sarebbero stati poi trasferiti nei relativi campi abruzzesi della Caserma Rebeggiani a Chieti, o a Fonte d'Amore a Sulmona. Il territorio di Vasto rientrava nella Linea Barbara e nella Linea Gustav.Le vicende strettamente belliche si protrassero nel vastese dal 22 al 28 ottobre causando la morte di trenta civili, in quanto le truppe britanniche di Bernard Law Montgomery si scontrarono con i panzer e i mortai tedeschi disseminati nella valle del Trigno, che divide l'Abruzzo dal Molise di Termoli e Montenero di Bisaccia. I tedeschi avevano occupato intanto la città dall'8 settembre, e nella ritirata, distrussero alcune case lungo il Corso Garibaldi, e cannoneggiarono il faro di Punta Penna, affinché non fosse usato a scopi militari per gli alleati. In novembre Montgomery poté fare il suo ingresso trionfale a Vasto appena liberata, ponendo il suo quartier generale a Villa Marchesani, e tornerà in città il 30 del mese per un concerto al teatro Rossetti. Era a Vasto il comando dell’8ª Armata britannica agli ordini del generale Montgomery, che aveva il suo aeroporto a Vasto Marina
Negli anni '60 iniziò per Vasto il boom economico vero e proprio, incentrato sull'industrializzazione e il turismo balneare, anche se non si può tralasciare la parentesi della grave frana del 22 febbraio 1956, che interessò il centro storico, nella parte del muro delle Lame, dove si trovavano la chiesa di San Pietro e il Palazzo Marchesani o della Posta. A causa di numerose piogge, e del sistema di scolo delle acque antiquato, l'acqua erose il terreno tufaceo, inghiottendo una consistente porzione del quartiere storico, e danneggiando l'abside della chiesa di San Pietro (risalente all'XI secolo), comportandone dunque l'inevitabile abbattimento, con l'eccezione del prezioso portale gotico. Non meno importanti furono le frane del 1960 e 1970 che distrussero cinque case coloniche e un vilino
Come detto, la città si sviluppò mediante nuovi quartieri residenziali a nord, presso l'area del convento dell'Incoronata, a sud in contrada Sant'Antonio, a nord-est (il rione San Giovanni Bosco), ad ovest (il rione San Paolo), e soprattutto nella Marina, sviluppo che consacrò Vasto tra le principali città produttive e competitive della provincia di Chieti, e poi della stessa regione Abruzzo.
Dallo Statuto comunale si ricava la descrizione dello stemma e del sigillo
Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di rosso; mentre la bandiera è un drappo partito di rosso e di bianco, caricato dallo stemma comunale sulla banda bianca
Il centro storico di Vasto si compone dell'antico rione romano di Histonium, ossia "Guasto d'Aymone" (ovvero "Città di Aymone di Dordona", primo conte della città voluto da Pipino il Breve) e "Guasto Gisone", parte medioevale normanna del centro, che vennero poi riunificati in una sola città nel 1385.
Il rione di "Guasto d'Aymone" è delimitato dall'area del Muro delle Lame, Corso de Parma, la porzione del Corso Garibaldi con la mole del Castello Caldoresco, il Corso Plebiscito, via Crispi, via Roma e di nuovo il ricongiungimento a via Adriatica, presso la chiesa di Sant'Antonio di Padova.
Gli studiosi hanno rilevato come questo rione rispecchi quasi completamente l'antico cardo e decumano della città romana, insieme agli assi delle varie vie interne.
Il cardo principale è Corso Palizzi, mentre il decumano Corso Dante, e i principali monumenti sono la chiesa di San Pietro (di cui oggi resta la facciata dopo la frana del 1956), la chiesa di Sant'Antonio, in origine complesso di San Francesco d'Assisi, dove sono state rinvenute le terme di Vasto, la chiesa dell'Annunziata, la chiesa del Carmine, il Palazzo Genova Rulli, la Porta Nuova (unica rimasta, nel rione), il Teatro Rossetti (costruito sopra il Monastero di Santo Spirito), il Palazzo d'Avalos e la Cattedrale di San Giuseppe, che si trova insieme al Palazzo Marchesale a confluenza dei due rioni storici, con spartiacque Piazza del Popolo.
Il rione di "Guasto Gisone", fondato nel IX secolo, comprende la cinta muraria che da Piazza Rossetti, mediante Torre di Bassano (XV secolo), cinge tutta l'area perimetrale circolare, fino alla passeggiata di Loggia Amblingh.
La porta di accesso, dopo la demolizione di Porta Castello, è Porta Catena: il quartiere è tipicamente medievale, composto da strette vie, case addossate le une alle altre, che circondano la corposa mole della chiesa di Santa Maria Maggiore.
Tra gli edifici più famosi ci sono la Casa di Giuseppe Amblingh, il muro del Giardino Napoletano di Palazzo d'Avalos e la casa natale di Gabriele Rossetti.
Esistono molte strutture religiose, perlopiù presenti nel centro storico. Le più antiche ed importanti della città sono:
Il comune di Vasto e soprattutto il suo centro storico è caratterizzato da una moltitudine di edifici storici la cui costruzione e stile spazia dal XV al XX secolo.
Il Palazzo si trova nei pressi della villa comunale, realizzato nel 1522 da Dario d'Antonello, che lo dedicò a Maria d'Aragona, marchesa della città . Il palazzo era costituito da più corpi, organizzati a formare tre corti differenti, oltre a neviere (poi abbattuto per la costruzione dello stadio), e una chiesa (la cappella di Costantinopoli). Dell'antico complesso esisteva una vista prospettica in un dipinto di Elia Di Giacomo Leone (1860). Costruito con fondi depositati nel 1522 da un ufficiale francese di Lautrech diretto a sud al mastrogiurato Dario D'Antonello, Fu acquistato dai Figliozzi di Guglionesi poi Nel 1615 passa aim proprietà a Giovan Carlo di Pompeo Bassano che costituì un enfiteusi (cioè affitto con vincolo di miglioramento) al Marchese Cesare Michelangelo d'Avalos,