Atessa (L'Atésse in dialetto atessano) è un comune italiano di 10 278 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo.
Si trova nella bassa valle del fiume Sangro. La sua superficie, con i suoi 11.003 ettari, è la più estesa della provincia e comprende una piccola parte decentrata dal resto del territorio, un'exclave a sud del comune di Tornareccio. I promontori degradano dolcemente fino a raggiungere la vasta piana alluvionale del Sangro.
La quota minima è di 55 m s.l.m., a cui si giunge sulle rive del fiume, mentre quella massima è di 876 m s.l.m., nei pressi della località Fonte Campana, con un dislivello di oltre 800 metri: un passaggio dai caratteri di pianura a quelli di bassa, media e alta collina. L'altitudine della residenza comunale è di 435 m s.l.m.
L'abitato di Atessa si snoda sulla sommità di un rilievo dalla pianta a forma di mezzaluna, isolato sulla campagna circostante, il cui punto più alto è di 473 metri, presso la villa comunale.
I corsi d'acqua che solcano il territorio comunale sono numerosi, per lo più affluenti dei principali fiumi, il Sangro a ovest e l'Osento a est. Tra i principali tributari di essi possiamo ricordare il torrente Appello, il fosso Santa Barbara, il fosso San Carlo, il rio Falco e il torrente Ceripolle.
Il sottosuolo consiste in uno degli ultimi crinali in cui si trovano antichi depositi sabbiosi stratificati, visibili nei numerosi affioramenti delle scarpate, con un tipico colore giallo ocra. Questi sedimenti, testimonianza della permanenza della fascia costiera in questo luogo e la seguente regressione del mare tra la fine del Pliocene e l'inizio del Quaternario, poggiano su terreni argillosi (argille grigio-azzurre), frutto della sedimentazione in mare aperto di materiali terrigeni. Sono così costituite le ampie colline, sulle quali si trovano la maggioranza delle contrade, collegate da una fitta rete di strade secondarie a quelle più importanti del fondovalle.
Il nome deriva dall'unione di due centri abitati: Ate e Tixa.
Le origini di Atessa secondo alcune fonti risalgono al V secolo d.C. dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.
Nel 1059 risulta tra i possedimenti della diocesi di Chieti, come si legge nella bolla di conferma dei privilegi inviata da papa Niccolò II al neoeletto vescovo teatino Attone.
In seguito fu feudo di vari signori tra cui dei Courtenay o Cortinaccio, di Filippo di Fiandra, dei Maramonte, del conte di Monteodorisio, del re Ferrante e dei Colonna.
Dopo l'eversione del feudalesimo il territorio versò in miseria.
Successivamente si ebbe una breve ripresa sotto il casato dei Borbone, ma una successiva epidemia di colera che colpì il paese tra il 1816 e il 1817 portò di nuovo il paese in miseria.
Nel 1860 la cittadinanza partecipò con grande entusiasmo all'unità d'Italia ma, in seguito, dovette fare i conti col brigantaggio.
Nella prima metà del XX secolo il paese partecipò alle due guerre mondiali perdendo 135 paesani nella prima e 79 militari e 21 civili nella seconda guerra mondiale.
In seguito, negli anni settanta e ottanta del XX secolo, la zona subì una radicale trasformazione economico-sociale per via dello sviluppo industriale della Val di Sangro.
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 6 gennaio 1961. Il gonfalone è un drappo partito di giallo e di azzurro.
Atessa è la seconda città della Val di Sangro meglio conservata al livello architettonico dopo Lanciano, mostrando ancora oggi tracce evidenti del passato medievale, nei palazzi, nei vicoli e nelle chiese, insieme all'aspetto attuale collocabile alla metà del XVIII secolo, quando numerose strutture vennero riedificate con il cotto, seguendo lo stile tardo-barocco.
Il centro storico si presenta come il risultato di un processo di conurbazione di due opposti insediamenti di origine longobarda (VI secolo), ossia "Ate - Tixa", corrispondenti agli attuali rioni di Santa Croce e San Michele, con al centro il nodo di saldatura rappresentato dal duomo di San Leucio, e dai sobborghi attorno agglomerati. La tipica struttura elicoidale di questi antichi insediamenti tradiscono i processi di espansione e ampliamento che si sono avvicendati nel corso dei secoli.
Il quartiere di Santa Croce, ossia Tixa (lato nord) si ramifica a mo' di fuso intorno a piazza Castello, riferimento a un'antica struttura fortilizia legata alla chiesetta di San Pietro, individuata nella "casa De Marco", benché oggi ampiamente rimaneggiata. L'anello più esterno, costituito dall'attuale via Menotti de Francesco, raccorda largo Municipio (già piazza Mercato) con piazza Santa Croce dove si affaccia l'omonima chiesa di antichissime origini, costituita da una torre di guardia sulla destra che è anche campanile.
Lungo il percorso dell'arteria stradale si comprende l'antico disegno del circuito murario, dove sono presenti le chiese della Madonna della Cintura, Porta Santa Margherita, poi degli slarghi e muraglioni che interrompono la cortina delle case.
Il borgo di Ate a sud di San Leucio, evidenzia la struttura a chiocciola che culmina in largo Torretta, parte più alta dove si trova una torretta di controllo, molto ribassata rispetto alla struttura originaria.
La chiesa principale è quella di San Michele, ampiamente rimaneggiata nel XIX secolo in stile neoclassico. Le case sono racchiuse attorno a questi due punti cardinali, e l'accesso è dato da Porta San Michele. Nel corso dei secoli il villaggio si è sviluppato fino a lambire a nord il vialone del corso Vittorio Emanuele, e a est il viale Duca degli Abruzzi, che degrada in piazza Garibaldi, o piazza del Mercato Nuovo.
Il quartiere include vari palazzi storici, come Palazzo Spaventa, e le chiese di San Rocco, Santa Maria Addolorata e San Giovanni. Possedeva anche la chiesa di San Nicola, posta presso Arco 'Ndriano, in mezzo al corso.
L'altare maggiore con baldacchino venne realizzato nel 1596 da Antonio Parvolo e Giambattista Cerignola, e l'interno fu completamente trasformato in cinque grandi navate a partire dal 1750, quando venne realizzato anche il campanile, e completata la facciata a forme curvilinee, smantellate nel 1935. Proprio l'accrescimento continuo dell'edificio spiegherebbe la soluzione di un prospetto che non dichiara le due navate laterali, inglobate in costruzioni attigue, con un settore centrale con terminazione a capanna e due settori laterali conclusi da alto attico con gli accessi per le altre navate.
La facciata è divisa in due parti da cornice, sorretta da lesene poste negli angoli, con al centro un rosone a raggiera che sovrasta il portale gotico con forti strombature. Altri due portali laterali minori hanno sempre l'aspetto gotico. La statua di San Leucio si trova appena sopra il portale, tra le due coppie di nicchie degli Evangelisti.
L'interno a cinque navate mostra una partitura in stucco sontuosamente barocca, con capitelli corinzi dorati che sovrastano le paraste.
L'abside è decorata da un affresco che fa parte del ciclo del "Divin Sacramento", più sobrie sono le decorazioni delle navate laterali, le prime coperte da volte a crociera, le altre da volte a vela. L'organo ligneo è stato realizzato dalla famiglia Mascio di Atessa nel '700, così come il pulpito, il coro e la cattedra episcopale. Di pregio si trovano un ostensorio del 1418 di Nicola da Guardiagrele, sempre dell'artista un busto dorato di San Leucio, il reliquiario della leggendaria "costola del drago" ucciso dal santo.
Tra i dipinti figurano gli episodi tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento presenti sulle pareti, opera di Teodoro Lanciano, entro i medaglioni della navata centrale, l'abside ha i dipinti degli Apostoli, mentre presso la cupola sopra il transetto ci sono i Dottori della Chiesa. Incastonate tra i fastigi delle mostre d'altare ci sono delle tele ottocentesche come il "Battesimo di Cristo - San Giuseppe e Gesù Bambino - Martirio di San Bartolomeo".
Le due navate laterali vennero realizzate nel XVI secolo, e tutta l'area interna venne modificata in stile barocco nel secolo successivo. Per motivi statici nell'800 vennero realizzati dei poderosi contrafforti laterali con arcate a tutto sesto, ancora oggi visibili. La facciata in pietra a terminazione piana presenta sulla destra il corpo massiccio del campanile a torre di guardia. Il nucleo centrale con cortina muraria in conci di pietra, si presenta orizzontalmente diviso in due parti da una piccola cornice, in esso si apre il portale gotico aggettante, con due contrafforti laterali. In asse col portale si aprono una monofora di pietra e più sopra il rosone a raggiera.
All'interno i pilastri sono connotati da un ordine gigante di paraste composite a sostenere una trabeazione che corre lungo tutta la navata, su cui si imposta la volta a botte lunettata, ripartita da costoloni posti in corrispondenza delle suddette paraste. Le navate laterali sono coperte da piccole cupole, impostate su pennacchi decorati da stucchi. La navata di destra termina con cappella dedicata alla Vergine Immacolata, decorata da cassettoni lignei al soffitto; entrambe le pareti della cappella ospitano altari decorati da intonaci e stucchi. Arredi di rilievo sono l'organo ligneo settecentesco, posto sopra la cantoria della controfacciata, decorato con simboli della Croce di Cisto, e i paliotti dei due altari laterali, opera di Francescantonio Cardona, raffiguranti la "Croce" (1703) e la "Madonna del Carmine" (1706).